Il Fronte del Cielo -
Emeroteca - L'Arena di Verona
2 - 3 nov.
Dal comunicato del
Gen. Cadorna
3 - 4 nov.
Le ignobili
menzogne austriache
4 - 5 nov.
Dal comunicato del
Gen. Cadorna
5 - 6 nov.
Dal comunicato del
Gen. Cadorna
10-11 nov.
Dal comunicato del
Gen. Cadorna
11 - 12 nov.
Dal comunicato del
Gen. Cadorna
12 - 13 nov.
Velivoli austriaci con
colori italiani
15 - 16 nov.
Verona bombardata da tre
aeroplani austriaci
16 - 17 nov.
Dopo il bombardamento di
Verona
17 - 18 nov.
Le
bombe di
Verona
18 -
19 nov.
Cinque bombe e tre feriti lievi a Belluno
20 -
21 nov.
Dal comunicato del
Gen. Cadorna
21 - 22 nov.
Dal comunicato del
Gen. Cadorna
22 - 23 nov.
Dal comunicato del
Gen. Cadorna
25 - 26 nov.
Un episodio del
bombardamento di Aisovizza
26 - 27 nov.
La guerra nell'aria
26 - 27 nov.
Difesa contro incursioni
aeree nemiche
27 - 28 nov.
Le ardite prove degli
aviatori italiani
28 - 29 nov.
Aviatore austriaco che
narra un suo raid su Venezia
Attenzione, le pagine di
questa sezione contengono solo la stampa del 1915, cioè L'Arena, Il
Corriere della Sera e La Lettura; per visitare le altre pagine mostrate
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L'ARENA 1 - 2 NOVEMBRE 1915
Dal Comunicato del Generale Cadorna
Il giorno 29, nostri aeroplani rinnovarono ardite incursioni sugli altopiani di Bainsizza del Carso; furono bombardate con efficacia
le stazioni di Santa Lucia, Tolmino e di San Pietro e numerosi accampamenti
e baraccamenti nemici. Nonostante le avverse condizioni atmosferiche e i tiri di numerose artiglierie antiaeree i velivoli rientrarono incolumi.
I bollettini ufficiali del nemico hanno affermato che il lancio di bombe su Venezia nella notte sul 2x e nel successivo giorno fu compiuto dagli aeroplani austriaci per rappresaglia avendo
precedentemente i nostri aviatori bombardato Trieste. L’affermazione è falsa nella sostanza ed equivoca nella forma. La verità è che nel pomeriggio del 24 corr. gli idrovolanti della nostra marina,
bombardarono, conforme agli usi di guerra, gli stabilimenti di Muggia e di Pirano adibiti alla preparazione di materiali …, ma non la città di Trieste che dista almeno quattro chilometri dalla più
vicina delle due località bombardate. Gli aeroplani austriaci invece lanciarono bombe sugli edifici del centro di Venezia, e persino nella piazzetta di San Marco, danneggiando una chiesa ed altri
fabbricati cui nessuno potrebbe attribuire un carattere militare e offendendo cos’, oltre le più elementari norme di umanità, le supreme ragioni dell’arte. Dal Comunicato del Generale Cadorna: Continuano
con esito felice le ardite incursioni dei nostri aviatori. Anche ieri furono bombardati numerosi obiettivi militari tra i quali le stazioni di Duino e di Nabresina e treni fermi in quest’ultima località. Cadorna
Continuano, pur con avverse condizioni atmosferiche, le incursioni dei nostri velivoli, sfuggendo ai
tiri delle numerose artiglierie antiaeree dell’avversario.
Essi bombardarono con efficacia accampamenti nemici, trincee, linee e stazioni ferroviarie.
Nella notte sul tre, imperversando un temporale, un nostro dirigibile, bombardò accampamenti nemici nella Piana di Gorizia. L’aeronave,
benché scoperta da luci dai razzi e di riflettori,
e fatta segno ad ininterrotto fuoco di artiglieria, ritornò incolume.
Un nostro dirigibile, nella notte sull’3, navigando al di sopra di un denso strato di nubi, si portò sulla zona tra l’Isonzo e Vipacco, indi abbassatisi al disotto delle nubi bombardò trincee e batterie nemiche nei pressi di Savogna.
L’aeronave, scoperta da riflettori nemici, sfuggendo al fuoco delle artiglierie antiaeree, ritornò incolume.
Il nemico continua a ricorrere frequentemente a mezzi sleali di guerra. Alcun i giorni or sono un aeroplano austriaco avente colori italiani
lanciava una bomba sopra una nostra batteria nelle vicinanze di … senza tuttavia arrecare alcun danno. Che si trattasse di un velivolo nemico è certissimo e lo prova anzi
il fatto che, esaminati i frammenti della bomba risultò non appartenere a nessuna delle specie di bombe in uso presso il nostro esercito.
L’eccidio in Piazza delle Erbe – Morti e feriti
La città mantiene il suo volto sereno
Verona che vide le sue strade e le piazze imporporarsi di sangue, quando la vecchia belva austriaca impazziva feroce per le nostre contrade, ha assistito ieri ad un altro scempio
senza riscontro nella sua storia. Il boia incoronato di Vienna non potendo sferrare dagli a..giporti i suoi satrapi delinquenti per dare la morte alle donne incinte, liberò dalle
sue gabbie, per il volo criminale, i biechi falchi della distruzione avventandoli sulla nostra città. E i tristi messaggeri dell’I.R. Impiccatoro vennero e azzannarono con i loro
artigli vecchi, donne, fanciulli, povera gente innocua come per preparare il pasto favorito alla adulta jena degli Asburgo che il Dio, di giustizia tiene ancora al mondo, forse
per dargli in vita la pena ed il castigo che dovranno continuare dopo la morte nell’eternità. Ma non è questa l’ora di vane parole. E’ ora di sangue e di vendetta! Vendetta di
popolo civile, che non dimentica che c’è anche un Dio giusto! E la vendetta nostra sia ora la calma ed il proposito fermo, d’acciaio, di non dar tregua ai nostri nemici, mai
né ora durante la guerra, né dopo! La razza maledetta che in cielo, in mare, in terra, vuole affermare il diritto della barbarie, e che usurpa il titolo di razza umana, non può
pretendere nessuna indulgenza. L’odio deve essere forte continuo e senza soste, senza debolezze sentimentali. Nutrito di propositi virili e tenaci, quest’odio deve far crescere
la nuova generazione agguerrita, così da guardare in faccia ai nemici senza paura. I bastardi della civiltà non possono e non debbono trovar quartiere. Per loro: pollice verso!.
Le notizie ufficiali. Roma 14 (Ufficiale) – (Stef.) – Tre aeroplani austriaci comparsi stamane su Verona lasciando cadere su varie parti della città 15 bombe, quasi tutte esplosive.
Si debbono lamentare 28 morti, 21 feriti gravi ed 11 lievi. La maggior parte delle vittime si ebbe in Piazza delle Erbe dove una sola bomba uccise 19 persone. I danni materiali non
sono rilevanti. Roma 14 (Stef.) – Ad ulteriori accertamenti risulta che le bombe lasciate cadere a Verona, in Piazza delle Erbe, cioè in luogo lontano da edifici militari e normalmente
affollato, uccisero trenta persone, ne ferirono gravemente ventinove e leggermente 19. Ieri la Censura, in seguito a disposizioni precise e a circolari rigorose del Ministro, c’impedì
di dare qualsiasi notizia della selvaggia incursione aerea, per quanto il nostro giornale fu obbligato ad uscire con lo spazio in bianco. Oggi dopo la comunicazione ufficiale possiamo
dare i particolari della tragedia come furono raccolti dai nostri cronisti testimoni oculari delle scene pietose e dolorose che si svolsero nella drammatica mattinata. Dal Comunicato del
Generale Cadorna del 14 novembre: Nostri velivoli nella giornata del 12, con condizioni atmosferiche avverse, eseguirono felici incursioni sul Carso, bombardando le stazioni
di Reifenberg, di San Daniele sul Carso, Dottogliano e lunghi treni ferme in esse. Un “albatross” ed un “aviatik” nemici, incontrati lungo il percorso, furono messi fuga da mitragliatrici.
I velivoli rientrarono incolumi. L’attacco nemico – Un duello aereo
Da notizie ufficialmente controllate il criminale attacco a Verona è durato dalle 8.10 alle 8.40 circa. Il giornale del mattino parla di due ore di bombardamento ciò non è esatto. Appena sul cielo di
Verona apparvero i “Tauben” dalla forma di rondoni, immediatamente uno dei nostri aviatori si alzò per dar la caccia. Difatti alle ore 8.15 furono avvistati in aria quattro apparecchi. Il velivolo
italiano si trovò però in una situazione ben critica preso cioè tra il fuoco sottostante delle nostre difese antiaeree e quello soprastante della mitragliatrice del “tauben” austriaco. Con tutto
ciò la caccia fu spietata. Gli aviatori austriaci lasciarono cadere tutte le bombe alla rinfusa tentarono poi fare una ricognizione per constatare gli effetti della loro bieca distruzione,
ma quando si avvidero che altri due velivoli italiani oltre il primo davano loro la caccia, si sbandarono. I tre nostri aeroplani tra i quali uno del tipo “Aviatik” catturato agli austriaci si
organizzarono subito in squadriglia per muovere all’attacco e ciò avvenne quando parve che i velivoli austriaci insolentissero ancora nel nostro cielo supposizione avvalorata dal ripreso cannoneggiamento
e dal fuoco di fucileria. I nostri velivoli noncuranti del pericolo cominciarono l’inseguimento di quelli nemici uno dei quali prese la direzione del Lago di Garda. L’altro di Vicenza ed uno si dileguò
nella nebbia. Fu in questa seconda ripresa che in Piazza Erbe si verificò lo sgombero completo mentre però l’opera del soccorso si svolgeva regolarmente sotto la direzione dei militari. Un cadaverino
sotto il voltone. Nel fuggi fuggi generale, alla gente che si riparava sotto il voltone che mette in comunicazione Piazza Erbe con il Mercato Vecchio (Cortile dell’Assise) si presentò uno spettacolo
macabro. In terra giaceva il cadavere d’un fanciullo vittima di una scheggia. Immediatamente venne raccolto dai militi della Croce Rossa comandati dal tenente Cenati. Ecco ora la descrizione
particolareggiata della scena macabra in Piazza Erbe. Lo Spettacolo macabro di P. Erbe. Dopo qualche minuto dall’allarme dato dalla Torre Lamberti, s’avvertì diffuso, rabbioso un crepidio di
fucilate e di mitragliatrici a cui s’aggiunse tosto la voce poderosa del cannone. Qualche secondo dopo in mezzo allo scroscio diffuso della fucileria si apriva il varco il boato lugubre delle
bombe che esplodevano sul selciato. Noi che abbiamo assistito alla caduta della bomba in Piazza delle Erbe possiamo con esattezza di particolari narrare come si svolse la tragica scena. Appena
fu (…) l’allarmi la bella piazza già gremita di popolani si sfollò. Le erbivendole abbandonarono il loro banco e l’ombrellone classico e si rifugiarono parte sotto il Volto Barbare e portichelli
adiacenti e parte sulle gradinate della Camera di Commercio. Molti curiosi di quando in quando attraversavano di corsa la piazza sempre con il naso in aria per ispiare la direzione dei velivoli.
I “tauben” descrivevano ampi circoli facendo perno la Torre dei Lamberti. Era circa le 8.20 quando uno spaventevole esplosione riempì la Piazza di fragore, di fumo e di polvere. Una bomba era
caduta all’angolo di Via Pellicciai ad un metro dal primo arco della Camera di Commercio. Un vasto croscio di vetri accompagnò lo scoppio. La bomba aveva sfondato una lastra di pietra del fognone
su cui posteggiavano i brumisti. Una pausa di sordo, tragico silenzio. Poi un vertiginoso accorrere di folla da ogni angolo, e il grido: “Vigliacchi! Assassini!” Sotto il porticato era un mostruoso
gruppo di cadaveri e di moribondi. Sulle gradinate un ragazzo e un soldato boccheggianti; più entro, sui gradini, un vecchietto calvo con la scatola del tabacco al suo fianco; più in là il berretto
d’un sottotenente; a pochi metri dall’angolo della Camera di Commercio un giovane con il cranio letteralmente squarciato e una scarpa stranamente slacciata e scalzata; sul lastricato di fronte
all’albergo “Aurora”, il pollivendolo Eugenio Zerman con la gamba sinistra fino all’inguine indicibilmente maciullata; al suo fianco un’altra persona anche questa con una gamba orribilmente squarciata.
Il sangue intanto invermigliava il marciapiede coagulandosi con il pattume. Il terrore che lo spettacolo suscita attarda l’opera di soccorso. Sull’immobile distesa dei caduti non è che un affaccendarsi
di congiunti, di amici e di conoscenti. Si gira di qua e di là come storditi. Fra i primi ad accorrere notiamo il Prefetto comm. Zoccoletti, il Questore cav. Uff. Peltelli, il delegato Vitti, alcune
guardie di P.S., il marchese Da Lisca, il Dott. Pincherli Consigliere Comunale, il rag. Aurelio Borelli, i sigg. Ilario Turco, Lodi Felice, Il Prof. Grancelli e Don Ruffatti, parecchi vigili,
i boy scouts, il sottotenente co. Cigala e molti altri ancora. Ma i mezzi di soccorso mancano. Ma i mezzi di soccorso mancano. Si va per telefonare alla Croce Verde; il telefono non funziona.
Allora alcuni volonterosi corrono ad avvertire la Croce Verde. Passa un certo tempo dopo il quale giungono i militi della Croce Verde con barelle, alcuni camion militari, l’on. De Stefani con
la sua automobile della Croce Rossa. Nell’attesa il carretto di un lattivendolo che passava fu fermato e sul veicolo fu adagiato un moribondo per essere trasportato all’Ospedale. Immediatamente
con le barelle della Croce Verde e della Croce Rossa, i morti vennero trasportati alla cella mortuaria del Cimitero e i moribondi agli ospedali: Civile e Militare e del Semminario. Assistono al
trasporto il ten. col. Della C.R. Barone Compagna i tenenti della C.R. Conali Dott. Novello come abbiamo detto l’on. De Stefani infaticabile. La morte dello scultore Spazzi e d’un sottotenente.
Tra i feriti si riconoscono subito il prof. Cav. Attili, Spazzi e il sottotenente d’artiglieria Augusto Fanton da Padova. Il prof. Spazzi giunse all’ospedale del Seminario moribondo: verso mezzogiorno
spirava. Il sottotenente Fanton allo scoppio della bomba era balzato nel piccolo caffè sotto il porticato. Ma purtroppo una scheggia lo colpì in pieno. Il poverello adagiato sopra una sedia, mal
grado il pronto soccorso, esalva l’ultimo respiro. Il notissimo pollivendolo di piazza Eugenio Zerman fu pure trasportato all’Ospedale del Seminario. Verso le 13 sentendosi prossimo alla fine volle al
capezzale un notaio. Lo si andò a cercare. Ma quando questi giunse lo Zerman era morto. Come morì il prof. Sicher. Una bomba scoppiata sul Lungadige Sammicheli uccideva in circostanze abbastanza strane
il prof. Siecher vice preside del nostro Liceo dov’era anche insegnante di scienze naturali. Il prof. Sicher mentre per il cielo roteavano i velivoli nemici, egli si trovava sul poggiolo della sua
abitazione al N. 9 ad ammirare il terribile spettacolo. Fatalmente una scheggia della bomba gli recise la carotide e gli trapassò una spalla. Il prof. Sicher venne soccorso già rantolante dal dott.
Benatelli. Purtroppo poco dopo il poveretto cessava di vivere fra lo strazio della sua signora pietosamente ricoverata nell’abitazione del cav. Gamberi. Alle Regaste S. Zeno: Un brigadiere ucciso.
Una bomba scoppiò con terribile violenza alle Ragaste S. Zeno rimpetto alla fabbrica di birra del defunto cav. Dobrawsky. Tanto la facciata dello stabilimento quanto il muraglione del Lungadige
furono picconati fortemente da innumerevoli scheggie. Nel momento dello scoppio transitava per di là il vicebrigadiere dei Carbinieri Odi al quale un frammento di bomba lese gravemente una gamba.
Il disgraziato trasportato all’ospedale moriva dopo poche ore. La fine d’un lattivendolo e del suo somarello. Un profondo buco scavò una bomba tra i due binari del tram proprio rimpetto al monumento
a Cavour sito sul Corso omonimo. Lo scoppio scorticò la facciata della piazzetta Case Abbruciate; segò un’inferriata di un’abitazione; fece crollare tutti i vetri del chiosco luminoso e spezzò vari
fili elettrici. In quel mentre passava il lattivendolo benedetto Cacciatori sul carretto trainato da un somarello: il conduttore fu ferito e la bestia fu accisa. Una bambina che si trovava sul
carretto fu pure ferita. Il tetto del Club al Filarmonico. Il tetto della casa adiacente al Club del Filarmonico dove abita il custode del teatro con la sua famiglia, venne sfondato dallo scoppio
di un’altra bomba. E qui accadde una scena che ha del prodigioso. Il custode e la sua famiglia quando cominciò il bombardamento erano a letto. I bambini si alzarono tosto e corsero alla finestra
così pure i loro genitori, in quel momento il tetto della camera da letto rovinava quasi completamente meno cioè quella parte che sovrastava i disgraziati i quali sarebbero altrimenti periti.
Naturalmente le vetrate di tutte le case adiacenti andarono in frantumi. Dove caddero le bombe. S. Nicolò fu bersagliato da due bombe. Una s’abbattè sulla casa Galuzzi che fa angolo a via Leoncino:
sgretolò una spalla del granaio, squarciandovi una stia da cui svolazzarono illesi due … polli. Due loro compagni rimasero sbriciolati. Indi spezzò ed arruffò curiosamente un fascio di fili
telefonici; uccise un cavallo; lese una vettura tranviaria. La seconda bomba ferì leggermente un maggiore nel cortile delle scuole. La prima incendiaria cadde nel mezzo del binario del tram di
fronte all’ingresso del cortile del Tribunale: Scavò nel selciato una piccola conca nerastra. Un frammento della bomba andò a finire in un ufficio terreno della Posta provocando un lieve incendio
che venne in breve spento. Un’altra incendiaria cadde nei giardini di Piazza Indipendenza senza alcuna conseguenza. Altra bomba incendiaria cadde nel giardino di san Luca al vecchio “Bioa” ma senza
scoppiare solo rovesciando un liquido giallognolo oleoso che si trovava in alcuni recipienti. Altre bombe caddero sulla città causando danni relativi: in via Rocca Maggiore 17, casa Corradini,
inesplosa; in via Mazzini sul tetto della salumeria F.lli Simonetti sfondando il tetto; ai Portoni dei Borsari spezzando dei fili tra cui quello del tram; una al Seminario inesplosa; due sull’
Economato ferroviario a Porta Vescovo recando lievi danni; in Vò Filippini ove sfondò un tetto senza far vittime; una in via Alberto Mario, sulla casa del Comm. Goldsmieli ove squarciò il tetto
del magazzino di frutta senza provocare danni; una a Porta Palio ove ferì lievemente quattro ragazze; delle altre bombe caddero inesplose al di là del Ponte Scaligero; fuori P. Vittoria; sulle
rive dell’Adige vicino alla Ferrovia; in vicolo Fondachetto; sul tetto di casa Lebrecht in Stradone S. Fermo. Una scena alla Eduardo P.:e. Mentre più furente urlava la giusta ira vendicatrice
dei nostri cannonieri e dei nostri fucilieri contro gli assassini che scagliavano la morte dal cielo, nella piazza Erbe, fremente di pietà e di sdegno, si vide un ben macabro equipaggio.
Un “:::” militare, primo tra i primi accorsi, traversò lentamente la piazza e svoltò per Portoni Borsari, guidato da un soldato. Una forma umana rigida, cerea, immobile, stava adagiata nell’interno,
sola. Era uno dei morti, che per primi si trasportavano via … .Spettacolo tremendo e sublime. Eravamo attorno alla catasta orrenda dei orti e dei morenti, innanzi al porticato della Camera di
Commercio, muti, impietriti dal raccapriccio, mentre si organizzavano i primi soccorsi. D’un tratto un giovane, robusto sacerdote, il Curato di S. Anastasia, s’avvicinò a noi correndo, gettò
a terra il cappello, indossò la stola e ginocchioni, carponi, piangendo a calde lagrime, singhiozzò le parole del supremo conforto spargendo l’Olio Santo su quell’informe ammasso di sanguinolenti
brandelli di carni, qua e là dove pareva si delineasse una testa, un volto umano … Tutti d’un moto istintivo e simultaneo ci scoprimmo; e molti cuori palpitarono e molte ciglia, asciutte
dinnanzi a tante altre miserie, si inumidirono. Sull’orme della Morte, s’inoltrava, immortale , la Fede! Da qual carnaio su cui una infamia senza nome aveva sfogato la sua libidine d’odio,
sergeva a Dio, la benedizione e l’implorazione della pace eterna. Spettacolo orrendo e sublime! Due ore dopo, lo stesso benemerito Curato di S. Anastasia, durante la Messa del Soldato,
lanciava dal pergamo i fulmini dell’ira divina contro gli austriaci assassini. Nobile cuore di Sacerdote italiano! I morti e i feriti. All’Ospedale Militare: MORTIi: Augusto Fanton –
Arturo Fanci – Giovanni Cipriani. FERITI: Ten. Piero Boccardi – Bersag. Martino Tomasetti – Bersag. Denti Primo – Caporal magg. Ugo Banchetti – Artigliere Carlo Benattini – Giuseppe
De Ambrosi soldato di fanteria – Tenente Valinotti Domenico. All’Opedale CIVILE: Morti: Maria Orsola Bernardi di anni 28 famigliare - Renato Bianchi di anni 16, barbiere abitante sul
Corso Porta Borsari 32 – Camillo Passigato di anni 29, macellaio ab. In via Cadrega – Natale Costantini di anni 54 da Legnago – Giorgio Sardiani di anni 38 ab. In vicolo S. Marco 4 –
Pasquale Curcelli di anni 23 bersagliere attendente del Maggior Chiesa – Giovanni Zuccali di anni 23 ab. In via Cadrega 6.
Clamorosa e vibrata protesta della stampa italiana. Il bombardamento di Verona ha … l’indignazione, lo sdegno di tutta la stampa senza distinzione di colore.
Riproduciamo qui sotto i brani più .. dei commenti vibratissimi che seguono le notizie della brutale gesta:: La Tribuna Chi ha visto Verona durante la guerra ha ammirato la compostezza severa
nella quale essa è raccolta. Ha coperto per salvaguardare contro le bombe nemiche, le statue degli Scaligeri, ha premunito. Di guardie le alture e i ponti sull’Adige. La magnifica città ha assunto
un volto di fierezza memore delle stragi e delle persecuzioni che l’Austria compì tra le sue mura, ma ha aperto le nobili braccia alle schiere dei soldati che vanno al fronte, prodigando il ::::
dei suoi marmi e dei suoi giardini la gentilezza delle sue donne. L’Adige era impetuoso, pare che concordi coll’ansia del popolo armato, che rivendica il suo diritto bagnando di sangue redendo le
balze del Trentino e le rive dell’Isonzo, ma nelle ore luminose ha barbagli di letizia, la letizia di essere amato come nume e simbolo della patria dei buoni veronesi e da ogni cuore italiano. La
vita cittadina non ha interrotto le sue consuetudini, non ha cambiato il suo ritmo fervido e frequente: Le splendide piazze che ospitarono Dante sono più ridenti e più rumorose del solito. In
quella gemma dell’arte in quella custode delle tradizioni di bellezza, che è piazza delle Erbe, ferve più che altrove la vita cittadina. La colonna col leone di San Marco, la statua di madonna
Verona, la tribuna, il palazzo Maffei, la casa dei mercanti, la torre comunale, le caratteristiche casette così care al pittore della città, Angelo Dall’Oca Bianca, e al suo poeta Berto Barbarani,
tutto quell’insieme di edifici che cingeno la piazza gremita di erbaggi e di frutta, il tesoro delle belle campagne veronesi costituisce insieme con la piazza dei signori, una grande delizia degli
occhi e dello spirito, delizia che migliaia e migliaia di anime sognanti assaporarono lungamente indugiandosi a ricercare la voce della vetusta città fra e pietre logore, gli zampilli delle fontane,
i fiori alle finestre, la sinfonia della vita contemporanea. … Quanto è durato il bombardamento e quanti erano i velivoli italiani. Intorno alla durata del bombardamento da parte dei velivoli nemici,
le opinioni sono un po’ discordi. Malgrado le affermazioni in contrario dell’”Adige”, noi confermiamo l’esattezza delle notizie pubblicate ieri e che oggi trovano piena e completa conferma nelle seguenti
parole di un testimonio oculare ad un redattore del “Veneto” di Padova. “Dopo quarantotto minuti i velivoli si dileguarono fra le nubi e le nebbie, lasciando la città la cui popolazione a poco a poco si
riebbe, si rianimò, sentì multiplicato senza alcun limite l’odio al nemico esecrando!” Come è noto il rumore delle artiglierie ed il fuoco della fucileria si è udito fin :: dopo le ore 10, quando si
credeva che i velivoli austriaci tentassero un nuovo bombardamento. E’ stato però assodato che si trattava di velivoli italiani in caccia degli aeroplani austriaci, uno dei quali cercava in quell’ora
di fare delle ricognizioni per constatare gli effetti della gesta criminale. In quanto ai velivoli italiani anche oggi ci si conferma che due s’innalzarono da Verona ed un altro, dalla forma di Aviatik,
venne da una città vicina..
INCURSIONE AEREA AUSTRIACA A BRESCA
8 morti, 9 feriti, pochi danni. La notizia ufficiale. Roma
15 (Ufficiale) – Questa mattina alle ore 8,30 due aeroplani austriaci hanno lanciato bombe su Brescia, uccidendo 7 persone e ferendone dieci, senza produrre danni materiali. I particolari. Togliamo
dalla “Sentinella Bresciana”, La seconda incursione aerea ha trovato ieri Brescia nel suo pieno fervore di lavoro, l’ha sorpresa ed addolorata per le vittime innocenti ma non ha scosso la fede nella
vittoria sull’odiato nemico, né ha provocato alcun sintomo di quella intimidazione che l’Austria pensava di suscitare con l’attentato. Questo diciamolo ben alto e forte in faccia ai torvi ed esecrati
emissari di Francesco Giuseppe, dell’assassino di Tito Speri. Erano circa le 8.30 quando due colpi di cannone a salve davano il segnale di allarme, ma pochi scorsero l’aeroplano nemico che volteggiava
nel cielo ad una altezza enorme. Si riuscì ad individuarlo seguendo la linea punteggiata nella atmosfera azzurra tracciata dalle nuvolette formate dallo scoppio degli “shrapnels” che le artiglierie
antiaeree lanciavano contro il velivolo aggressore. Da tutte le alture crepitavano le mitragliatrici e dalle terrazze più alte delle case e dai tetti scelti tiratori sparavano rabbiosamente contro
l’aeroplano. Intorno con larghi “virages”, e tenendosi ad una quota più bassa, lo inseguivano gli aviatori della difesa i quali sparavano pure al nemico necessariamente dal basso in alto, avendo la
mitragliatrice colle canne volte in su emergenti dall’apparecchio. Da quell’altezza l’eroplano lanciò qualche bomba poi drizzò il volo verso la Valle Trompia scomparendo dietro la cresta del monte Maddalena.
Uno spettacolo impressionante. Parve che si fosse allontanato e per qualche minuto infatti le artiglierie tacquero ed i cittadini si riversarono sulle strade. Ma fu una sosta breve: d’improvviso la violenta
ripresa del bombardamento annunciò che il velivolo nemico – lo stesso o un altro? – era ritornato ed i più si affrettarono a rincasare, mentre molti rimanevano ancora sulle porte o nelle vie col naso in aria.
Allora si vide uno spettacolo impressionante. Il velivolo nemico che era emerso al di qua del monte Maddalena e che si disegnava nel cielo come un punto appena percettibile ad occhio nudo, iniziò un volo
pianè con una velocità straordinaria abbassandosi sopra la città fino ad una quota di circa 1000 metri ostentando nel suo vertiginoso passaggio le grosse forme, la solida blindatura e gli odiati colori
giallo e nero. Cannoni, mitragliatrici e fucili gli spararono addosso di nuovo con maggiore furia. Ma l’aeroplano potè lanciare ancora altre bombe, mietere qualche altra vittima e poi allontanarsi questa
volta definitivamente. Davanti alla storica Chiesa di S. Afra. Le bombe cadute di cui abbiamo avuto notizia sarebbero quindici, ma una sola ebbe conseguenza gravi, qualla caduta davanti all’antica e storica
chiesa di S. Afra dove si conservano le ceneri di S. Angela Merici. La bomba si abbattè vicina alla porta della chiesa investendo ben sette persone tra le quali il sagrestano Daniele Peri, d’anni 32, la
moglie sua Elvira d’anni 29 e la figlia Barberina di anni 3. Inoltre uccise il bambino Lino Borghi d’anni 3, Scaccabarozzi Antonio, Goggi Achille di Ospitaletto e Bernero Tommaso di Torino.
Le bombe di Verona vengono a completare la serie delle infamie austriache, contrassegnate dagli ultimi barbarici
eccidi dell’”Ancona”, del “Firenze” e del “Bosnia”. La notizia dell’orribile attentato non si è saputa a Roma che domenica sera. Inutile ridirvi l’impressione d’orrore e di sdegno sentita dal pubblico
nel leggere i giornali che riportavano il breve telegramma dell “Stefani”. Il Governo ha fatto bene a dare questa volta, la notizia in tutta la sua crudele verità. E’ stata una violenta scossa elettrica
risentita dal paese in tutte le sue fibre: di quelle scosse salutari che risvegliano, rinvigoriscono e rianimano. Lo scellerato Governo che ricorre a tali mezzi di guerra, se crede che, a parte la loro
inutilità dal punto di vista militare, possano in qualche modo intimorire o deprimere, ha fatto i conti senza l’oste. Tali mezzi raggiungono l’effetto diametralmente opposto. E quando suonerà l’ora delle
rappresaglie – e forse non è lontana – anche la razza teutonica dovrà piangere per i propri eccessi, e per colpe dei suoi governanti che l’hanno messa e continuano a metterla all’indice della civiltà e
dell’umanità. Dei commenti dei giornali romani mi piace riferirvi questo del “Corriere d’Italia”: “ Levare ancora un grido di protesta contro gli inumani metodi di guerra che l’Austria adopera verso di
noi ? – Purtroppo sarebbe cosa vana. Questo bombardamento aereo di Verona è un altro episodio che dimostra l’assenza di ogni scrupolo umanitario nel nemico. Si pensi infatti, che le bombe sono state
lanciate non su caserme o simili edifici militari, ma sulla Piazza delle Erbe, e cioè sulla principale piazza della città, che è sempre – ma specialmente di domenica – affollata di tranquilli cittadini.
“ Il Governo austriaco tenterà, è da aspettarselo, di spiegare anche questo nuovo atto di barbarie, come ha tentato per il bombardamento di Venezia e per siluramento dell’”Ancona”; ma saranno,
anche questa volta, magre spiegazioni, che non avranno altro valore se non di mostrare come anche da Vienna non si possa fare a meno di tener conto, almeno per pudore, della impressione di sdegno
che simili atti di inutile crudeltà destano nel mondo civile. “ Viè del resto una spiegazione che il pubblico italiano può dare per questa ripresa di ferocia del nemico: essa coincide coi nuovi
successi della nostra avanzata; e a giudicare dal grado cui questa ferocia arriva, si dovrebbe dire che a Vienna si incominci ad essere molto e molto preoccupati”.
Stamane alle ore 8 un aeroplano austriaco è apparso sulla città ed gettato cinque bombe. Una sola è esplosa ferendo leggermente tre persone. Danno materiale
nessuno Dal comunicato del Generale Cadorna, 17 novembre: Velivoli nemici gettarono bombe su Ala, nessuna vittima e nessun danno.
Dal comunicato del Generale Cadorna, 19 novembre: Velivoli nemici lanciarono ieri bombe su Verona ove quattro cittadini rimasero feriti – su Vicenza e su
Grado, ove non si ebbero vittime, né danni. Stamane una squadriglia nemica lanciava quindici bombe su Udine.
Furono uccisi dodici cittadini, feriti 19 borghesi ed 8 soldati; si ebbero danni limitati.
Dal comunicato del Generale Cadorna, 20 novembre: Continuano le incursioni di velivoli nemici. Uno di essi fu ieri abbattuto dal tiro dei nostri antiaerei nella
zona di Milegna, sull’altopiano a nord ovest di Arsiero: pilota ed osservatore furono trovati morti. Una nostra squadriglia volò ieri sul campo di aviazione di Aisovizza e vi lanciò oltre 100 bombe,
devastandolo. I velivoli ritornarono incolumi.
Dal comunicato del Generale Cadorna, 21 novembre: Velivoli nemici lanciarono ieri qualche bomba su Schio, ferendo leggermente otto soldati. Una nostra squadriglia in condizioni atmosferiche
avverse per vento impetuoso rinnovò l’incursione sul campo di aviazione di Aisovizza, sul quale lanciò più di 100 granate mina. I velivoli rientrarono incolumi.
E’ tornato a Roma un ufficiale aviatore, il quale ha raccontato il seguente episodio: - Una nostra squadriglia aerea bombardando il campo aviatorio di Aisovizza, lasciava cadere
un fantoccio di paglia vestito da bersagliere e con un drappo dai colori italiani ed un cartello sul quale stava scritto: “ Tra poco i bersaglieri verranno a liberare tutti i fratelli”. Il pupazzo, della grandezza
di un uomo, andò a cadere nelle linee nemiche, che lo hanno creduto subito un soldato fatto precipitare dal velivoli.
Come è stato abbattuto l’aeroplano austriaco
Il “Carlino” pubblica questi particolari sulla cattura dell’aeroplano austriaco. Fu nei pressi di Campo Molon e Col Santo che uno shrapnel colpì l’aeroplano. Un graduato, espertissimo puntò e da solo.
Lanciò lo shrapnel contro i due aggressori. L’aeroplano volava in quel momento ad una quota di 1300, 1500 metri: fu visto fare un balzo, quindi discendere a precipizio capovolgendosi. La scarica dello
shrapnel era stata contemporanea al colpo dato in pieno dal proiettile sul fianco dell’apparecchio. Nella percussione della spoletta, questa anziché scoppiare più tardi, anticipò la scarica e una delle
ali è tutta bucherellata di pallottole. I due aviatori austriaci erano un sottotenente che esaminava la direzione e un capitano che dirigeva e lanciava le bombe. Il sottotenente per l’urto del proiettile
pieno, data la velocità colla quale correva l’aeroplano deve aver battuto violentemente la testa contro il manometro che gli si conficcò proprio nella fronte uccidendolo sul colpo. Il seggiolino dove egli
ancora si trovava era tutto sporco di sangue. Il capitano invece era ancora vivo e respirava forte, pur rimanendo fuori di sensi. Morì poco dopo. I due aviatori avevano una protezione eccezionale contro
il freddo: sopra la divisa portavano una specie di pelliccia di lana grossissima e sopra questa un grosso impermeabile di caucciù che li copriva dalla testa ai piedi. Con loro avevano un apparecchio di
telegrafia aerea potentissimo, carte magnifiche dove erano segnati tutti i luoghi militari, di rifornimento, i vari edifici pubblici, ecc. ecc. e un equipaggiamento completo di avanscoperta aerea.
Il graduato che atterrò l’aeroplano verrà premiato e credesi anche promosso. Da quanto mi è stato detto, i due aviatori dovevano aver già compiuto altre incursioni aeree sulle pacifiche città del Veneto.
Dal comunicato del Generale Cadorna, 24 novembre: Velivoli nemici lanciarono bombe su Arsiero, producendo lievissimi danni e su Ala, furono feriti 4 soldati.
Una nostra squadriglia bombardò il campo d’aviazione in Aisovizza, un altro in allestimento ad Aidussina e le stazioni di Vogercko, Aidusina, Reifenberg e S. Daniele. Fatti segno ai consueti
tiri degli antiaerei, i velivoli rientrarono incolumi.
Enzo Ferriere pubblica nella “Perseveranza” un bellissimo articolo sulla guerra aerea dal quale straliamo questi brani: “Ho parlato con alcuni capitani aviatori,
reduci dal fronte; soldati sereni e taciturni che hanno la calma dei forti, la inconsapevolezza degli eroi. Discorrono semplicemente di questa lotta nell’aria, così ampia e meravigliosa non solo per chi
la contempla, ma anche per chi la vive come la fantasia lotta(?) sul malre(?). L’uomo non vi conosce le angustie della battaglia di trincea, affronta il pericolo senza affrontare il disagio,
viè continuamente aggredito senza essere mortificato mai, vede un piccolo lempo di guerra come ogni soldato, ma questo lempo ha in ogni ora il senso delle cose infinite. La sua vita è veramente
la vita dell’assurdo ridotto a vita normale e l’uomo che ne ritorna ha lo sguardo puro e meravigliato di un fanciullo. Questi reduci raccontano episodi che ormai …. … di senso eroico vogliamo
considerare comuni; sono in realtà straordinari … lo giudico dalla commozione che ad ascoltarli invade anche il mio così renitente… LA LOTTA DEI VELIVOLI ITALIANI E AUSTRIACI
Togliamo dalla “Provincia di Vicenza”: “Come è avvenuto ad Arsiero che gli aeroplani nemici dovettero allontanarsi pel sopraggiungere di un nostro velivolo, anche la mattina del 22 nella Valle dell’Astico dei
testimoni ci assicurano di aver assistito ad una magnifica lotta fra due nostri aeroplani e due velivoli nemici, i quali battuti dalle artiglierie con tiri ben aggiustati e inseguiti dai nostri
non hanno trovato miglior scampo che darsi alla fuga ripassando il confine. Chi ha assistito è rimasto sorpreso, meravigliato quasi dell’agilità e della perizia dei nostri aviatori tanto che fu
quasi sufficiente la loro comparsa per mettere in fuga i nemici.
Comando della Fortezza di Verona: Noi Tenente Generale Gobbo Comandante della Fortezza di Verona, per delegazione di S.E. il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito: Visto
l’art. 251 del Codice Penale per l?esercito;
Visti gli art. 39 (5° Capoverso) e 41 del Regolamento di Servizio in guerra (Parte iv); Con richiamo all’ordinanza del 19 Giugno 1915, al Manifesto del Sindaco di Verona in data 7 agosto 1915 ed
all’Ordinanza N. ) del 20 corrente: ORDINIAMO 1° Il pericolo degli aeroplani nemici sarà segnalato da 3 colpi di cannone sparati a brevi intervalli da Castel S. Pietro. A tale segnale sarà suonato
il SOLO “Rengo” a “campane a martello” saranno emessi fischi a TRATTI dalle sirene e saranno innalzati i dischi rossi sull’Arena, Portoni Borsari, Torre Scaligera di Castelvecchio, Porta Palio,
Portoni Bra, Torre dei Lamberti, Castel S. Pietro. 2. Trombettieri militari percorreranno le varie zone suonando il segnale “ATTENTI” fino a che le strade saranno sgombre – poscia si ritireranno.
Al segnale dato dai colpi di cannone e dal suono del “Rengo” le campane delle chiese debbono cessare IMMEDIATAMNENTE di suonare e rimanere in silenzio durante tutto il tempo del periodo. 3° I
trams debbono fermarsi, e tutti, passeggeri e personale di servizio ritirarsi nelle case più vicine. 4. Tutti i portoni delle case e tutti gli ingressi delle botteghe – senza eccezioni – debbono
rimanere coi battenti socchiusi per permettere a chiunque di trovarvi rifugio momentaneo fino a che il pericolo sia scomparso. I trasgressori a questa importantissima prescrizione saranno denunziati
al TRIBUNALE DI GUERRA della Fortezza a termini dell’Art. 249 DEL CODICE PENALE PER L’ESERCITO che commina la pena del CARCERE MILITARE dal minimo di due mesi ad un anno. 5°. La cessazione del
pericolo sarà segnalata dal suono a DISTESA del “rengo” dalle campane SUONANTI A DISTEA, dal fischio a DISTESA delle sirene, e , dal segnale “AVANTI” suonato dai trombettieri militari. 6°
Nelle ore di notte il segnale d’allarme sarà dato oltreché dall’oscuramento della città e dai trombettieri militari, anche dallo sparo dei tre colpi di cannone. Il Ten. Generale Comandante
della Fortezza G. GoBBO. Da ll Palazzo di Comando addì 26-11-1915
LE ARDITE PROVE DEGLI AVIATORI ITALIANI COME FU ABBATTUTO L'AEROPLANO AUSTRIACO IL COMANDO AUSTRIACO DI VOLANO BOMBARDATO
DAI NOSTRI AVIATORI
Dal comunicato del Generale Cadorna del 25 novembre: Il comunicato ufficiale di Cadorna, in data 23 corrente, fra l’altro, si esprimeva testualmente così: “ …
I nostri velivoli intanto bombardavano Volano, sede di un Comando austriaco”. Secondo notizie fornite alla “Gazzetta del Popolo” due nostri sottotenenti aviatori la mattina del 12 corr. recando
bombe sui loro apparecchi, presero il volo dirigendosi su Volano, dove giunti inaspettati, e sfidando i tiri delle artiglierie nemiche, si abbassarono all’altezza di mille metri, effettuando
da questa quota il bombardamento, che ebbe efficaci risultati non celati dai giornali d’Austria. Infatti dalla traduzione degli stessi giornali austriaci si apprendono alcuni particolari su tali fatti.
I danni provocati dai nostri aviatori sulla stazione di S. Dario sono stati assai sensibili. Andarono distrutti 13 carri carichi di merci. Le bombe dei nostri velivoli gettate sulla casa del Comando
austriaco in Volano hanno avuto ottimo effetto. Due di esse colpirono in pieno l’edificio, rovinandone l’ultimo piano. Vi furono 7 morti, 10 feriti (tutti militari), fra i quali 3 ufficiali. Un colonnello
austriaco, mentre abbandonava precipitosamente l’edificio, portando seco carte e documenti, fu sfracellato dalla bomba caduta sulla strada. Una automobile che si trovava poco distante rimase incendiata.
Volano è una grossa borgata a nord di Rovereto dal quale dista circa un chilometro e mezzo. Come cadde colpito il velivolo austriaco -
Togliamo dalla “Provincia di Vicenza” : L’amico nostro Nello Stocchero di Arzignano, manda a suoi amici la seguente interessantissima lettera: “Un aeroplano nemico è stato abbattuto
mentre volava sulle nostre posizioni. L’abbiamo visto volare nel cielo limpido e azzurro, come una grande aquila, l’abbiamo visto rovesciarsi e cadere a capofitto sulla terra. E’ stata
una mattinata di festa per tutte le truppe del nostro settore. Per questi giorni, per questi mesi, nei mattini sereni, vedevamo quelli uccellacci volare sopra le nostre teste, spiare
dentro le nostre linee per iscoprire le batterie nostre per segnare l’andamento dei nostri lavori di fortificazione per vedere i movimenti di truppe e di quadrupedi nelle retrovie. E il velivolo
che navigava per l’immensità del cielo, nello spazio libero, gurava come un falco, si abbassava, s’innalzava, se compariva un aeroplano nostro, magnifico coi tre colori della bandiera dipinti sotto le ali.
Il nostro cuore si sentiva sollevato. Avevamo sparato qualche volta, quando era più basso, contro l’apparecchio nemico, con centinaia di fucili, ma è ben difficile colpire un puntino mobile nel cielo immenso.
E ci piangeva il cuore: e tutti dicevamo che cosa pagherei per vederlo cadere: E l’altro ieri, 19 novembre, alle ore 10.20 l’abbiamo visto precipitare, proprio d’innanzi ai nostri occhi trasognati, colpito
dai nostri proiettili. Navigava sicuro nell’aria come tante altre volte sotto i raggi del sole. Noi pensavamo “forse è quello che ha rovinato la chiesa degli Scalzi a Venezia, forse che ha ucciso tanti innocenti
a Verona, forse che ha lanciato bombe a Vicenza..” E sentivamo nell’animo il bisogno di vendicare tante infamie. Alcuni reparti sparavano: le mitragliatrici paravano: Ed ecco che il velivolo nemico s’inchina da
un’ala. Proprio! Si, sì, ecco che perde l’equilibrio non corre più, si a’ lassa precipita. Che grida uscirono da migliaia di petti in quel momento! Da un capo all’altro dei monti mille occhi guardavano quella
foglia, quel pezzo di tela che scendeva, senza guida, in balia del vento. Dall’altre parte anche il nemico dovette udire quel grido formidabile. In un baleno tutti escono a vedere; un soldato, scalzo, si mette
a saltare per la gioia sulla neve, molti accorrono verso il luogo della caduta. L’apparecchio era abbattuto al suolo, immobile come un uccello morto. I due aviatori nemici erano rimasti uccisi sul colpo,
il pilota, un capit. Maggiore, l’ufficiale osservatore un primo tenente di artiglieria. Erano ancora seduti ai loro posti. Sull’apparecchio c’erano, una macchina fotografica, bussole, barometri, un moschetto.
Ai caduti venne poi data sepoltura. Vi misero, come memoria, un pezzo di tela che ricopriva le ali dell’apparecchio.
UN AVIATORE AUATRIACO CHE NARRA DI UN SUO RAID SU VENEZIA
Un ufficiale navale austriaco, che pilotò un idrovolante sopra Venezia in uno degli ultimi “raid” ne diede qualche impressione ad un giornalista ungherese e la
“Morning Post” ne riceve ora un riassunto da Budapest. L’aviatore accompagnato da un osservatore, lasciò la sua base alle ore 21 arrivando sopra Venezia alle 22 e 15 minuti, rimanendovi un quarto
d’ora e riguadagnando la base prima di mezzanotte. Suo obiettivo originario era di lanciar bombe sopra l?arsenale, la stazione ferroviaria, le officine elettriche e i Depositi militari. “Dense nubi
– proseguì il narratore – ci oscurarono la vista nei pressi di Venezia, ma il ponte ferroviario a traverso la laguna ci permise di orientarci. Tuttavia ci fu difficile scorgere la città dalla nostra
altezza di mille metri, giacchè gli italiani sono molto cauti e non brillava un fanale per le vie, un lume a una finestra, Riuscimmo però a distinguere il campanile di S. Marco, il canal grande ed
altri canali, nonché le navi in porto. Appena lanciammo la prima bomba, la città fu ben pronta ad accoglierci. Nel cielo i cannoni apersero un fuoco furioso, mirando molto bene, e rendendoci molto
nervosi. Nondimeno ci salvammo e buttammo le nostre bombe, una sull’Arsenale, due sulla stazione, tre sulle officine elettriche. Tra le bombe, una era da mezzo quintale altre piccole e incendiarie”.