La Grande Guerra Aerea - 5.4 - 1918 - L'Ultima Estate
Quando ormai la battaglia di giugno stava per concludersi, il 23 giugno le ali del SIA di Ottorino Mutti, della 118^ Squadriglia di Istrana cedettero in quota. Anche se ormai troppo tardi, il giorno dopo fu diramato l'ordine di sospendere i voli con questo velivolo e di versare tutte le macchine di tale modello ai depositi. Una decisione drastica con cui si intendeva fermare lo stillicidio di incidenti iniziato dopo la consegna dei primi esemplari del SIA nell'ottobre del 1917. L'aereo aveva buone caratteristiche ma era fragile e per questo soggetto a frequenti cedimenti della struttura che portavano al distacco delle ali in volo. Le modifiche introdotte non sanarono questa sua intrinseca fragilità. L'uscita di scena dello sfortunato velivolo mise i reparti in crisi al punto che la 36^ Squadriglia di Istrana, già a dicembre del 1917, era costretta volare con i vecchi S.P.3. Con la messa a terra del SIA sembrava che i problemi di sicurezza fossero finiti. Purtroppo le cose andarono molto diversamente. L'aereo con cui il SIA fu sostituito, ovvero il Pomilio PE (e il precedente modello PD), non migliorò affatto la situazione e altri equipaggi perdettero la vita a causa di incidenti. L'8 Luglio 1918 a San Luca veniva costituito il nuovo XXIII° gruppo. Ne facevano parte le squadriglie 78^ Squadriglia con i suoi 16 Hanriot e 79^ Squadriglia, cedute dal XV° Gruppo di Paese, alle dipendenze del quale rimasero solo la 115^ Squadriglia SAML e la IV sezione SVA. Uno degli ultimi campi entrati in funzione prima della fine del conflitto fu quello di Arquà Petrarca i cui lavori di realizzazione erano iniziati alla fine del 1917, vicino a Villa Bignago. Esso ospiterà i bombardieri della 2^ e 7^ Squadriglia che però potranno atterrarvi solo a luglio del 1918. Quello stesso mese, nella notte sul giorno 24, due Brandemburg C.1 della Flik 101G stavano sorvolando Marcon. Giannino Ancillotto decollato da quel campo per le sue ormai abituali missioni notturne a bordo di un Hanriot, attaccò da dietro prima uno e poi l'altro, sfruttando il fascio dei riflettori che da terra illuminavano gli aerei avversari. Riuscì così ad abbatterli entrambi, il primo a Trepalade e il secondo a S.Elena. Tra italiani e inglesi, i rapporti erano di collaborazione, ma i piloti anglosassoni tendevano a trattare quelli del bel paese con sufficienza. Questo poteva avere pericolose conseguenze soprattutto quando venivano date particolari disposizioni. Sovente nascevano disguidi fra le due parti. Mario Fucini racconta: «si diceva che gli austriaci avessero loro catturato un Camel da caccia intatto e che se ne servissero per entrare, indisturbati, nelle nostre linee, a spiare. Venne perciò un avviso, che fu fatto conoscere a tutti i nostri piloti, col quale si informava che da allora in poi gli apparecchi Sopwith avrebbero portato, come insegna di riconoscimento, due strisce di tela ai montanti. Se qualcuno avesse trovato in volo un Sopwith senza le strisce quello era l'austriaco e si doveva abbatterlo. Un giorno o due dopo questo avviso, su, nel nostro cielo trovo proprio un Sopwith solo solo. Mi metto in coda. Mi avvicino: niente strisce ai montanti! Emozione, perplessità. Sparare contro un apparecchio che si era così abituati, a considerare alleato mi spaventava come un fratricidio. D'altra parte l'ordine era chiaro!... Penso di non prendere una decisione avventata e di seguire dappresso il velivolo sospetto finché, se lo vedrò planare entro le linee austriache, lo attaccherò. Così mi avvicino, sempre restando per precauzione alle sue spalle, con la mano pronta sulla sicura... Il pilota non mi evita, né però risponde a un gesto di saluto che gli faccio, così per prova. Mi avvicino di più, sempre di più, fino a poche braccia da lui, per veder proprio in viso quest'uomo e per vedere che cosa fa là nella carlinga. Mi sembra che faccia dei segni su una carta. E a quando a quando guarda lungamente in basso... Ricognizione? Il sospetto aumenta. Mi batte il cuore. Ad ogni modo per ora c'è tempo. Vola ancora nel nostro cielo. Appena volterà la prua verso le linee nemiche lo assalirò. Mi sembra ora che egli sia seccato di quella mia scorta troppo vicina. Mi evita con un mezzo giro. Lo seguo più dappresso che mai. Si volta a guardarmi; pare che voglia dire: ''Perché non ti levi dai piedi?'' Certo se è inglese penserà che sono un bel noioso, ma se è l'austriaco?... Se è l'austriaco questo è il suo ultimo volo! A un certo punto eccolo volgersi verso il Piave e filare verso il cielo nemico. Mi allontano un po', dietro, alla distanza e alla posizione giusta per la mira, aspetto in ansia. Appena planerà gli tirerò. Plana!... Ma, Dio mio, possibile che sia proprio un austriaco?! Aspetterò ancora, lo seguirò finché proprio non sono ben certo che scende in un campo nemico; tutto si ridurrà a prendermi qualche cannonata ormai ne ho prese tante! Ed a stare ben attento, tornando così solo, di non essere abbattuto dai cacciatori. Plana ancora, senza fretta, senza curarsi di me. È questa sua indifferenza che mi trattiene dal premere lo scatto! Se fosse l'austriaco non, dovrebbe essere più sospettoso? Ma fra poco dovrò pur cedere all 'evidenza! No, ecco che torna nelle nostre linee e riprende il volo tranquillo, diritto.... Fu così che, in alternative penose fra la convinzione di aver trovato l'austriaco mascherato da inglese e la convinzione di aver davanti un apparecchio alleato, lo seguii in un'altra o due puntate verso il nemico; finché lo vidi a un certo punto planare sì, ma verso i nostri campi, planare dolcemente, proprio come chi ha finito la sua crociera e se ne torna a casa sua.... Mi sentii allargare il cuore. Ma non fui persuaso finché, seguendolo sempre, non lo ebbi visto atterrare in un campo dove era una squadriglia inglese! E le strisce dunque? Le strisce non le aveva per la ragione,messa in chiaro dopo, che quel tale avviso, mandato a noi, non era arrivato invece a quella squadriglia inglese, e la squadriglia intera volava senza questo distintivo prezioso!» Alle 9.00 del 16 Luglio 1918 le cose andarono ben diversamente e accadde una tragedia. Il tenente Alberto Moresco della 78^ Squadriglia incrociò contro sole a 5000 m. sopra Zenson un aereo di aspetto strano. Gli sembrò di vedere le croci nere. Allora si voltò e sparò solo 5 colpi che però bastarono a uccidere il maggiore A.M. Vaucourt, comandante del 45th Squadron di Grossa del Royal Flying Corps, il cui Sopwith Camel cadde al suolo presso Monastier. Nonostante l'andamento ormai sfavorevole del conflitto, l'aviazione austriaca era ancora combattiva, ma risentiva della penuria di mezzi che l'affliggeva. Queste erano le sue condizioni quando il 17 luglio 1918, gli italiani organizzarono la più grossa azione fino ad allora mai condotta su Pola. Vi presero parte 88 aerei, di cui 47 impegnati nel bombardamento e 41 nella scorta. Dei 47 bombardieri, venti erano Caproni. All'operazione parteciparono anche 4 SIA della 1^ Squadriglia SA di D'Annunzio. Attaccando da nord e da sud i velivoli incursori colpirono 4 navi tra le quali la corazzata Babensberg. Fu bombardato l'arsenale e 3 aeroporti. Vennero distrutti al suolo 3 aerei con 21 morti e 7 feriti. Appena qualche giorno dopo, il 23 luglio, considerando il rallentamento delle operazioni, sul campo di Istrana fu organizzata una premiazione delle truppe. Al centro del campo furono allineati i battaglioni da decorare. Tra di essi figuravano presenti una rappresentanza del 2° Bersaglieri e due battaglioni della brigata Reggio.
Oreste Battistella sulla sua opera del 1924 dal titolo Il Montello, così ricorda quella giornata: «La mattina del 23 luglio: per l'aria uno sfavillio di perle e di smeraldi, all'orizzonte la montagna infrangibile difesa della Patria - lievemente sfumata di viola. Sopra il soffice tappeto di uno dei nostri campi di aviazione più vicini alla linea del fuoco una dozzina di enormi dadi grigiastri, immobili ed opachi, diffuso intorno un vivo battito di cuori. E' la 58^ Divisione che celebra la sua festa, che esalta la memoria della sua più recente vittoria». Mentre i festeggiamenti erano in corso accadde l'imprevedibile. Un Pomilio di ritorno da un volo di trasporto con ai comandi il serg. Ter Vehu, mentre rullava sulla pista dopo l'atterraggio probabilmente non vide alcuni soldati e li urtò. I contusi furono diversi. Il sergente Ter Vehu visse ancora altre disavventure. Dopo questo incidente ebbe uno scontro con diversi caccia il 25 settembre e poi un altro incidente in decollo il 4ottobre. Ne uscì sempre illeso. Il 22 agosto, Bortolo Costantini della 91^ Squadriglia incontrò sopra Mareno di Piave una pattuglia avversaria a 4800 m. di quota. Attaccò un caccia di sorpresa abbattendolo. Il pilota austriaco era un asso, Friedrich Hefty della Flik 42J, che aveva all'attivo 5 vittorie. Il suo Albatros D III 253.71 prese fuoco, ma l'aviatore dopo esser salito sul sedile, con le mani sopra la carlinga, si lanciò a testa in giù nel vuoto. Per un attimo perse i sensi, per poi riprendersi immediatamente e un bianco ombrello si aprì sopra di lui. Dopo una lenta discesa atterrò senza danni grazie ai nuovi paracadute appena distribuiti ai piloti. I modelli fino ad allora utilizzati erano ingombranti e potevano essere usati solo sui Draken. I tedeschi avevano però sviluppato una versione che il pilota poteva indossare come uno zaino. Quello di Hefty fu il primo lancio da un aereo da caccia impegnato in combattimento sul fronte italiano, dopo il salto di Tandura che si era buttato con un vecchio paracadute inglese fissato all'S.P.4. Gli esiti dalla battaglia del solstizio avevano segnato le sorti dell'Autria-Ungheria. Per la duplice monarchia il conflitto andava verso una conclusione infausta. Nonostante ciò gli inizi di settembre del 1918 furono sfortunati per le ali italiane in Veneto. La posizione del campo di Quinto di Treviso, che fino ad allora non era mai stata individuata dai ricognitori avversari, venne infine scoperta. I velivoli con la croce di ferro tentarono più volte di bombardarlo e alla fine, il giorno 8, riuscirono nel loro intento. Ma non era finita. L'indomani un ciclone colpì la zona. La base di Quinto ebbe 8 hangar in tela distrutti, mentre San Luca perse uno dei suoi Hanriot. Il 20 Settembre cadeva l'anniversario della presa di Porta Pia. A Padova furono organizzate una mostra e una parata cui presenziò il sovrano. La città del Santo venne sorvolata da numerosi aerei tricolori. Nel capoluogo patavino era presente anche il poeta D'Annunzio cui gli esuli istriani intendevano donare un Caproni Ca.5 con cui rinforzare la squadriglia di cui era al comando. Lo avevano battezzato «Nazario Sauro», in onore del loro conterraneo che, dopo avere rifiutato di combattere per l'Austria-Ungheria di cui era cittadino, si era arruolato nella Marina italiana come tenente di vascello. Caduto in mani austriache era stato impiccato come traditore patendo, l'identica sorte di Cesare Battisti. All'interno dell'università fu esposto un velivolo austriaco catturato come in precedenza era stato fatto anche a Treviso. Il pubblico poteva osservare l'aeroplano pagando un biglietto. Antonio Baldini,corrispondente dell'Illustrazione Italiana così raccontava l'evento ai propri lettori: «Questa domenica tutte le brave famiglie padovane sono andate a dare un'occhiata all'aeroplano esposto nel cortile dell'Università. L'atrio severo del palazzo rimane diviso dal cortile magnifico da una tenda di mussolina bianca. Nell'atrio, a un tavolo con tappeto verde, sta seduto un veterano che dà i biglietti. Sollevando la mussolina misteriosa, eccoci anche noi in cospetto dell'apparecchio abbattuto. Altre ragazze che hanno messo insieme a noi il viso curioso nel cortile ci tolgon di bocca il nostro stesso apprezzamento: ''0 che brutto!'' ''No xe gnente de belo!'' ''Gnanca el confronto, coi nostri reoplani!'' […] Dall'albero dell'elica pende un gran cartello, dov'è scritto: Aeroplano Brandemburg C.1, motore Benz 250 HP abbattuto durante l'incursione nella notte dal 25 al 26 agosto dalle batterie della difesa aerea di Padova. I bravi padovani ricordano benissimo come quella notte furono svegliati tutti in una volta dalle bombe, dai petardi, dalle sirene e dai colpi di cannone della difesa. […] II cielo sonnolento di settembre ora si empie di freschi scrosci, di larghe chiassate; ecco nel quadrato azzurro un nostro aeroplano. Che voga a mille metri. Ha sopra di sé il sole, che ne accende i colori e fa trasparire la graziosa intelaiatura delle ali. E' subito andato lontano. Ma, eccolo che ritorna indietro assai più basso, col motore che si spegne e si riaccende via via, borbottando. La terza volta che ripassa, questo vecchio cortile vibra tutto come uno strumento: era bassissimo, e la sua chiara vernice ha rallegrato gli occhi. [...] Nel pomeriggio di questa stessa domenica, i fuoriusciti adriatici hanno offerto e consegnato al comandante Gabriele D'Annunzio il gigantesco aeroplano da bombardamento che ha sulla prua il nome lagrimato e santificato di Nazario Sauro capodistriano. Gli altri apparecchi minori della squadriglia di San Marco (1^ Squadriglia Siluranti Aeree del Lido di Venezia) erano disposti trionfalmente sul campo, ciascuno con una impresa e un motto fiammanti. Sul fianco dell'apparecchio offerto era disegnata una prua alata di nobile impronta col motto ''Sufficit Animus''. Sul radiatore era un mazzo di rose carnicine legate con un nastro tricolore. Dai campi più prossimi sono venute a stormo altre squadriglie di idrovolanti e di caccia e tutto il cielo fu pieno di fragore. Tricolori italiani e tricolori francesi solcarono il cielo in ogni senso, per omaggio e saluto al più nuovo e potente istrumento di volo e di guerra. Le sue ali immense splendevano come avorio. ''A noi mortali voi date un compagno immortale. Chi potrà più dormire?'' D'Annunzio ha pronunciato, a mezzo il suo discorso, queste parole con un tono basso, fermo, ma straordinariamente doloroso. La vicinanza del mare induceva nei pensieri dei presenti un'ansia dolorosa. Oltre il mare senza vele la fantasia vedeva l'Istria e le sue mute cittadine costiere. In una di quelle città vedeva un fanciullo bellissimo e scalzo a cavalcioni d'un vecchio leone di San Marco, accarezzargli la criniera di pietra, dirgli più volte affettuosamente: povero San Marco!». Qualche giorno dopo il Caproni Ca.5 «Nazario Sauro» offerto dagli esuli Dalmati a D'Annunzio e consegnato il 20 settembre andò distrutto durante un atterraggio al Lido di Venezia. Agli inizi di ottobre del 1918, la 114^ Squadriglia di Istrana, oltre a 11 nuovi Pomilio ricevette i primi Fiat R2. Questi velivoli però erano ancora in fase di preserie, e crearono numerosi problemi di carattere tecnico. Il 17 ottobre Augusto Stobia, tenente della 91^ Squadriglia, fu colpito dalla contraerea durante un mitragliamento a bassa quota e atterrò in emergenza sul campo di Limbraga (ippodromo di Treviso). Fu immediatamente soccorso e benché subito portato in ospedale morì il giorno dopo. Stobia era arrivato alla squadriglia soltanto in agosto. Prima di passare all'aviazione era già stato ferito e in combattimento e decorato due volte. Portava in volto i segni delle sofferenze patite che stavano a testimoniare il suo carattere indomito. Nonostante fosse un combattente che aveva già dimostrato tutto il proprio valore, quando giunse alla squadriglia il comandante Ferruccio Ranza lo accolse dicendogli che il posto alla 91^ Squadriglia andava conquistato. Come istruttore gli fu assegnato Guido Keller che quel giorno era con lui in missione quando colpito improvvisamente cambiò rotta. Keller che non realizzò subito ciò che era accaduto ne fu contrariato e lo seguì all'atterraggio sull'ippodromo, meditando di dirgliene quattro per il modo in cui aveva interrotto la caccia senza un motivo apparente. Invece si trovò di fronte Stobia morente che lo salutò con queste parole: «Dici al Comandante, dici ai miei compagni, che sono degno di loro, che sono della squadriglia Baracca». Solo 5 giorni dopo, l'area dell'ippodromo di Treviso, che si prestava particolarmente all'atterraggio di aerei (campo di Limbraga) e che era già stata predisposta allo scopo, come campo inglese, tornò ad ospitare il 28th Squadron del Royal Flying Corps che arrivava da Sarcedo. In previsione dell'offensiva finale, il 19 ottobre, il 14th Wing della RAF si trasferiva presso la Villa Margherita di Santa Maria del Rovere, poco fuori Treviso per spostarsi tre giorni dopo a Dosson. Qui i contatti col comando della nuova 10° Armata di Lord Cavan, ubicato a Villa Marcello, sarebbero stati molto più agevoli. Tre giorni più tardi, il 22 ottobre, il 34th Squadron e 6 Bristol Fighter del 139th, si portarono a San Luca. I reparti inglesi più vicini alla linea del Piave, erano dunque così schierati: il 34th Squadron, parte del 139th e il 28th operavano nel trevigiano. Il 66th era a Casa Piazza presso San Pietro in Gù, nella provincia di Padova, mentre il resto del 139th si trovava a Grossa nel comune di Gazzo Padovano, pochi chilometri più a sud rispetto al 66th.
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Hd.1 CON IL ROSSO LEONE DELLA 72^ SQUADRIGLIA, CASTENEDOLO 1918
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