La Grande Guerra Aerea - 5.3 - 1918 - La Battaglia del Solstizio
Anche se non si incontravano nemici in cielo, il rischio era sempre in agguato e spesso assumeva le forme insidiose di un guasto meccanico. Così accadde ad Alessandro Resch. Il 22 aprile il giovane pilota della 70^ Squadriglia di Istrana era in volo con un Hanriot per una banale missione nel corso della quale avrebbe dovuto lanciare pacchi di manifestini sulle linee avversarie. La malasorte però lo attendeva al varco. Il serbatoio del carburante cedette e lo stesso Resch si ritrovò inzuppato di benzina. La situazione era davvero preoccupante ma il pilota riuscì comunque a portare l'aereo al suolo. Fu un atterraggio drammatico. Il velivolo si sfasciò ma per fortuna non prese fuoco e Resch ne uscì miracolosamente illeso. Il 23 Aprile 1918 il Camel E5401 britannico fu costretto dalla contraerea all'atterraggio sul torrente Stizzon vicino al paese di Rasai frazione nel comune di Seren del Grappa (BL). Il pilota inglese fu preso prigioniero. La sera del 25 Aprile poi, in occasione della festa di San Marco, il pilota veneto Lodovico Andreuzzi della 115^ Squadriglia di San Luca partì con Molaschi per un'altra missione che prevedeva il lancio di manifestini. Anche lui ebbe una panne al motore col suo SAML 3075. L'aereo cadde e Andreuzzi morì mentre il compagno rimase ferito. Dieci giorni più tardi, il 5 Maggio, fu Giovanni Nicelli della 79^ Squadriglia di San Luca a pagare con la vita il proprio tragico tributo alla sorte. Giovanni Nicelli che era un esperto acrobata fu invitato a dare una dimostrazione agli alleati inglesi. Mentre si esibiva l'aereo ebbe un cedimento strutturale e il pilota cadde da una quota di 700 metri nel centro del paese di Porcellengo. Venne sepolto nel cimitero locale. Il 17 Maggio 1918 fu una giornata fortunata per le squadriglie trevigiane: Cosimo Rennella della 78^ Squadriglia ebbe ragione di un caccia avversario sulle Grave del Piave. Quindi Flaminio Avet della 70^ con Mario Fucini e ancora con l'assistenza di Rennella ebbero un'altra vittoria nella zona di Maserada sul «Brandemburg C.1» 229.30 della Flik 12, pilotato dal Johan Valenta e da Viktor Herzog, che furono entrambi presi prigionieri. Lo stesso giorno Guido Nardini, Gastone Novelli e Cesare Magistrini della 91^ Squadriglia, con Antonio Chiri della 78^ Squadriglia, Antonio Reali e Edmondo Lucentini della 79^ abbatterono a Però nel comune di San Biagio di Callalta (TV), l'«Albatros» 153.221 dell'asso austriaco Franz Graser in forza alla Flik 61J di Motta. Quando nel dopoguerra il generale Luigi Bongiovanni stilò la classifica degli assi italiani, in riferimento a questa azione, si scordò di Antonio Reali che se la vide così depennare. La vittoria non gli verrà quindi assegnata. Il 22 Maggio 1918, nel corso di una manifestazione a Padova, il generale Giuseppe Pennella, premiò i piloti della 2^ Armata. Con questa cerimonia, l'alto ufficiale che ne era divenuto il comandante, intendeva iniettare nuova fiducia in una grande unità che era uscita con le ossa rotte dal disastro di Caporetto. Lo sfondamento avversario infatti era avvenuto proprio nel suo settore e sui suoi soldati. Cadorna si era vergognosamente affrettato a gettare la responsabilità del disastro nel tentativo di allontanare da se e dai colleghi Capello e Badoglio le gravi colpe che con loro condivideva. Pennella si adoperò quindi per ricostruire moralmente e materialmente l'armata che il 1 giugno 1918 diverrà l'8^. La sfortuna però continuerà a perseguitarla visto che pochi giorni dopo, nell'epica «battaglia del solstizio» sarà proprio sul suo settore che gli austriaci otterranno i migliori risultati. A sud-ovest di Verona e a nord della strada che porta a Mantova, fu creato un grande campo a Ganfardine, nel comune di Villafranca, dove vennero dislocate la 61^ e la 75^ Squadriglia da caccia, la 134^ da ricognizione e la 1^ Sezione SVA. Per i bombardieri fu invece approntato un campo arretrato a Cà degli Oppi, anch'esso nella bassa veronese, in comune di Oppeano, appena a nord di Bovolone. Qui fecero base i Caproni della 4^ e 6^ squadriglia. A Maggio del 1918 era stato ultimato un campo per i reparti costieri della 3^ Armata. Fu realizzata l'aviosuperficie di Malcontenta, che divenne sede delle squadriglie 38^ squadriglia, 39^ squadriglia e 28^ equipaggiate con i Pomilio e i SIA. Questi ultimi però erano causa di frequenti incidenti, e in breve tempo la 38^ squadriglia rimase priva di mezzi. Gli osservatori poterono allora volare su quattro Re.8 che il Royal Flying Corps prestò al reparto costretto alla forzata inattività. Ad est del Brenta, tra San Giorgio in Bosco e Campo San Martino, venne realizzato in giugno il campo di Busiago, che ospiterà due squadriglie da caccia, la 72^ e la 75^ Squadriglia e la 89^ SVA. Le imprese degli SVA della 87^ Squadriglia "Serenissima" e, più in genere, quelle delle sezioni equipaggiate con tale aereo, erano ormai all'ordine del giorno. Il Savoia Verduzio Ansaldo si dimostrò un velivolo affidabile che permetteva operazioni fino ad allora ritenute impossibili. Con la sua velocità, questa macchina poteva farsi beffe dell'interdizione aerea avversaria. Tra la metà di maggio e il giugno del 1918, i piloti che volavano sul robusto biplano da ricognizione e bombardamento si resero autori di azioni di assoluto rilievo. Il 16 maggio Natale Palli, partito da Brindisi, giunse fino a Cattaro, portando a termine un memorabile volo di ricognizione. Il successivo giorno 25, Antonio Locatelli e Francesco Ferrarin decollati da Ghedi, raggiunsero Friedrichshafen sul lago di Costanza, località importante perché il conte Ferdinand von Zeppelin vi aveva impiantato la sua fabbrica di dirigibili che inizialmente faceva assemblare su una piattaforma di montaggio galleggiante sul lago, che poteva essere allineata ai venti in modo da favorire la problematica manovra di decollo. Il 1 giugno poi, ancora Natale Palli dopo essersi levato in volo da Jesi, eseguì una ricognizione su Zara, Sebenico e Spalato ritornando infine alla base attraverso il Gargano.
La battaglia iniziò la notte del 15 giugno. L'artiglieria italiana anticipò quella austriaca sulla base delle notizie che il servizio informazioni era riuscito a carpire. Lo stesso giorno gli austriaci attraversarono il fiume gettando 60 ponti in vari punti e occupando una parte del Montello. La penetrazione proseguì il 16 e il 17. Anche nella zona di Ponte di Piave e sulla foce del fiume gli attaccanti riuscirono a creare piccole teste di ponte. Il 18 però, con l'arrivo dei rinforzi, la resistenza si consolidò e nei giorni successivi esse furono tutte eliminate. A partire dal 19 giugno il contrattacco italiano mise in seria difficoltà gli austroungarici che non riuscirono ad abbattere il muro eretto dinanzi a loro. Tra il 22 e 23 il Montello era ripreso e le sacche di resistenza italiana rimaste vennero soccorse. Le forze attaccanti attuarono allora una ben riuscita manovra di sganciamento e si ritirarono oltre fiume. Il Piave si era rivelato un ostacolo insormontabile. La sua piena e la continua distruzione di ponti e passerelle attuata mediante tiro d'artiglieria e attacchi aerei aveva reso impossibile alimentare le teste di ponte che lo avevano superato. Ai primi di giugno del 1918, il controllo del territorio trevigiano era suddiviso tra la 4^ armata (nella estrema parte nord-ovest della provincia fino a Castelfranco), la 3^ (che difendeva la città e la parte sud-est della Marca) e la 2^ da poco divenuta 8^. L'aeronautica era organizzata in 4 gruppi. Il X del maggiore Gino Matteucci, col comando a Gazzo Padovano, aveva alle proprie dipendenze le squadriglie 70^ e 82^ basate nella stessa Gazzo e la 91^ Squadriglia a Quinto di Treviso. Il comando del I gruppo si trovava invece nei pressi della base di Fossalunga ed era affidato al capitano Stella, che coordinava l'attività dei due reparti che da essa operavano: la 117^ Squadriglia e la V sezione SVA. Il XV gruppo era quindi ubicato alle porte di Treviso, presso Casa Onesti in comune di Paese. L'unità, comandata dal tenete colonnello Glauco Visconti, controllava le squadriglie 78^ Squadriglia, 79^ Squadriglia, 115^ Squadriglia e 139^ Squadriglia nonché la IV sezione SVA, tutte dislocate a San Luca. Il XIX gruppo infine aveva sistemato il proprio comando a Falzè di Trevignano. Lo dirigeva il capitano Ottorino Mutti che poteva disporre delle squadriglie 23^ Squadriglia, 114^ Squadriglia, 118^ Squadriglia e della III sezione della 24^ Squadriglia. Tutte le formazioni erano acquartierate presso l'aeroporto di Istrana. Alle dipendenze della 3^ Armata oltre al I gruppo erano il V ed il XIII con reparti dislocati tra Marcon e Malcontenta. Gli inglesi operavano sul Piave, dai campi di Gazzo con il 45th Squadron e il 28th Squadron che allineavano un totale di 36 Camel. Il 34th Squadron da ricognizione con i suoi 18 Re.8 faceva base Villaverla (VI), mentre il 66th era a San Pietro in Gù presso Casa Piazza. Da Nove di Bassano invece decollavano le squadriglie Francesi 22^ e 254^ equipaggiate coi ricognitori Dorand e Salmson. I gruppi di palloni frenati rimanevano pressoché nelle medesime posizioni stabilite in febbraio. Il raggruppamento aerostieri era comandato dal tenente colonnello Giacomo Miari de Cumani padovano di adozione ma di origini bellunesi. Alla vigilia della «Battaglia del Solstizio» l'aviazione austriaca in questo settore era organizzata su una serie di campi molto piccoli, nati con la stessa filosofia di quelli italiani di San Luca e Quinto di Treviso. Si trattava cioè di installazioni non fisse, completamente mimetizzate che impiegavano le case e le baracche del posto per i servizi. Nella zona di Conegliano erano operative le aviosuperfici di S. Fior di Sopra, Godega Sant'Urbano, Pianzano, Belcorvo, San Vendemiano-Visnadello, Campagnola e Ca' San Felice di Vazzola. Su di esse operavano le Flik 2, Flik 26, Flik 28, Flik 57, Flik 65 da ricognizione e la Flik 68 da caccia. Nella zona Oderzo-Motta funzionavano invece i campi di Portobuffolè, Rivarotta, Passo Tremeque, San Martino, Ghirano, Ca' Francescotto, Mansuè, Fossabiuba-Navolé, Motta di Livenza e Stradatta-Corbolone dov'erano basate le Flik 19, Flik 22, Flik 32, Flik 49, Flik 58 da ricognizione e Flik 43, Flik 51, 61 e 63 da caccia. Lungo questo settore del fronte operarono famosi piloti austroungarici fra i quali si devono ricordare Franz Rudorfer della Flik 19, nonché Franz Graser e Franz Schachinger della 61. Presso aviosuperfici più arretrate, nella zona di Portogruaro, facevano inoltre base l'asso degli assi Godwin Brumowsky e Kurt Gruber della 41J di Toreselle. Nella zona di Feltre, Santa Giustina e Belluno si trovavano i campi italiani che dopo la ritirata di Caporetto erano caduti in mani avversarie e dai quali agivano ora le Flik 2, 8, 11, 14, 16, 39, 53, 66 e 70 da ricognizione oltre alla 30 e alla 60 da caccia. I piloti più noti alle cronache che volavano in questo settore del fronte erano Frank Linke-Crawford della 60 e Karoly Kaszala della 14. In Valsugana infine le forze aeree della duplice monarchia erano dislocate sui campi di Pergine, Ospedaletto, Grigno e Levico. Da qui velivoli con la croce di ferro decollavano per operare sugli Altipiani e sul Grappa con le Flik 7, 15, 17, 21, 24, 31, 36 e 48 da ricognizione. Le Flik da caccia erano invece le 9 e la 55. Anche qui erano presenti alcune stelle di prima grandezza dell'aviazione imperiale: gli assi Alexander Kasza, Josef Kiss, Josef von Maier e Julius Arigi della 55. Nel giugno del 1918 le forze della duplice monarchia avrebbero dunque giocato la loro ultima carta. La «battaglia del solstizio» rappresentò infatti l'estremo tentativo di vibrare all'Italia il colpo che avrebbe dovuto abbatterla. Purtroppo per loro, gli austroungarici non erano riusciti a tenere nascosti i preparativi dell'imminente offensiva. I particolari del grande attacco erano ben noti ai comandi del Regio Esercito. Nella raccolta di informazioni l'aviazione non mancò di fare la sua parte. Nella notte fra il 29 e il 30 maggio, il capitano Umberto Gelmetti, decollato a bordo di un Voisin dalla base veneziana di Marcon, aveva condotto oltre le linee avversarie due agenti italiani incaricati di raccogliere notizie. I cosiddetti “missionari” erano bersaglieri in abiti civili. Si trattava del tenente Camillo De Carlo e del soldato Giovanni Bottecchia, fratello del famoso campione di ciclismo. Con un rocambolesco volo notturno Gelmetti si avventurò nel territorio ostile scendendo in un campo nella piana di Roveredo a poca distanza da Aviano. Lì il pilota sbarcò i due avventurosi bersaglieri che portavano con loro una gabbietta di piccioni viaggiatori indispensabili per trasmettere al comando i loro messaggi. Le forze italiane, consapevoli dei piani avversari si organizzarono di conseguenza. L'aviazione allestì una “massa da bombardamento” ai comandi del maggiore Ernesto La Polla e una “massa da caccia” agli ordini di Pier Ruggero Piccio. I due raggruppamenti furono posti alle dirette dipendenze del Comando Supremo. La massa da caccia era formata dalle squadriglie 70^, 82^, 91^, 75^, 72^, 76^, 79^ e 80^ per un totale di 120 aerei. I reparti provenivano dalle armate del settore Garda-Piave e avevano il compito di intervenire sui settori più esposti, con azioni mirate e pattugliamenti regolari. Il periodo tra febbraio e giugno fu speso anche per preparare i piloti al combattimento. Il giorno 6 giugno, il tenente colonnello Piccio, diramava una circolare intitolata «Istruzione provvisoria d'impiego delle squadriglie da caccia», che conteneva le indicazioni sull'uso della specialità. Tale documento è importante perché dimostra il progresso fatto nel campo della strategia dall'aviazione italiana in sette anni, dalla guerra di Libia. L'esercito austriaco aveva schierato in Trentino la 11^ Armata del generale Conrad mentre lungo il Piave erano disposte la 6^ armata dell' arciduca Giuseppe e l'«Isonzo Armée» del generale Wurm, alle dipendenze di Boroevic. Nel complesso 50 divisioni di fanteria e 5 di cavalleria, una brigata costiera e 500 aerei per un'azione a tenaglia tra gli Altipiani e il Piave. Gli italiani contrapposero le armate 3^, 4^, 6^, 7^ e 8^, per un totale 56 divisioni (di cui 3 inglesi e 12 Francesi) e 600 aerei (20 francesi e 80 inglesi). Nelle retrovie erano a disposizione la 9^ armata e una divisione ceka in formazione. A fronteggiare le forze austroungariche sulla linea del Piave tra Pederobba e il mare erano il generale Pennella che guidava l'8^ armata e il duca d'Aosta con la 3^. La battaglia iniziò la notte del 15 giugno. L'artiglieria italiana anticipò quella austriaca sulla base delle notizie che il servizio informazioni era riuscito a carpire. Lo stesso giorno gli austriaci attraversarono il fiume gettando 60 ponti in vari punti e occupando una parte del Montello. La penetrazione proseguì il 16 e il 17. Anche nella zona di Ponte di Piave e sulla foce del fiume gli attaccanti riuscirono a creare piccole teste di ponte. Il 18 però, con l'arrivo dei rinforzi, la resistenza si consolidò e nei giorni successivi esse furono tutte eliminate. A partire dal 19 giugno il contrattacco italiano mise in seria difficoltà gli austroungarici che non riuscirono ad abbattere il muro eretto dinanzi a loro. Tra il 22 e 23 il Montello era ripreso e le sacche di resistenza italiana rimaste vennero soccorse. Le forze attaccanti attuarono allora una ben riuscita manovra di sganciamento e si ritirarono oltre fiume. Il Piave si era rivelato un ostacolo insormontabile. La sua piena e la continua distruzione di ponti e passerelle attuata mediante tiro d'artiglieria e attacchi aerei aveva reso impossibile alimentare le teste di ponte che lo avevano superato.
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Hd.1 CON IL ROSSO LEONE DELLA 72^ SQUADRIGLIA, CASTENEDOLO 1918
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