La Grande Guerra Aerea - 4.3 - 1917 - Senza Cozzar Dirocco
Sul finire del settembre 1917, la 252^ squadriglia di Sant'Andrea, era al comando del tenente di vascello Umberto Magaldi. Al reparto giunse il guardiamarina Alberto Briganti, che avrà una avventurosa e lunga carriera aeronautica. Sempre in settembre vennero allestite tre sezioni da ostruzione con palloni per difendere la città di Venezia, completando così la barriera protettiva che prima era soltanto parziale. Le ostruzioni con aerostati, che erano state usate anche a Grado, saranno poi adottate a Brindisi, Taranto, Ancona e Ferrara. Alla fine del mese, il giorno 29 settembre 1917, a Venezia, un Caproni della 201^ Squadriglia per la Marina eseguì con successo un esperimento di lancio di siluro davanti ad una commissione presieduta dall'ammiraglio Luigi Cito. La prova diede esito positivo. Sembrava quindi che fossero stati risolti i problemi di integrità e di assetto derivanti dall'impatto di un siluro con l'acqua. Venne quindi rapidamente organizzato un attacco alle corazzate alla fonda presso la base navale austroungarica di Pola. Una formazione di Caproni doveva effettuare uno spezzonamento leggero in quota per attirare su di sé le fotoelettriche mentre un altro Caproni con a bordo un siluro da 700 kg penetrava a bassa quota. L'equipaggio del bombardiere era composto dal tenente Luigi Ridolfi, sottotenente di vascello Ernesto Pacchiarotti, secondi capi Daniele Minciotti e Arturo Zavatti. Nella notte del 2 ottobre 1917 il Caproni della 201^ Squadriglia di Marcon giungeva dunque prossimo al lancio su Pola, ma le fotoelettriche non rischiaravano il cielo. Erano spente e c'era solo un fascio luminoso, bianco e spettrale, che spazzolava a livello del mare. L'inganno non era riuscito. Sotto il fuoco dell'artiglieria il bombardiere si avvicinò il più possibile al suo obiettivo ma sganciò troppo alto. Il siluro impattò male danneggiandosi. L'azione diversiva degli altri Caproni che dovevano eseguire il lancio di spezzoni in quota era avvenuta troppo in anticipo e gli austriaci, realizzando che si trattava di un diversivo, si erano preparati ad un attacco dal mare. Fallita l'incursione fu deciso di non ritentare azioni con aerosiluranti. Il 1917 si avviava al termine e già prima del rovinoso episodio di Caporetto si erano verificate difficoltà negli approvvigionamenti del materiale necessario a rimpiazzare le perdite. A causare i ritardi era soprattutto la burocrazia e gli effetti deleteri di tale situazione si fecero sentire in particolare nel settore bombardamento. La Caproni, per opera del suo fondatore, aveva avviato una complessa ristrutturazione aziendale ma nonostante questo, inesplicabili grovigli amministrativi e una giungla di carte e di procedure macchinose faceva comunque andare a rilento le consegne. Già a metà del 1917 Gianni Caproni aveva apportato sensibili miglioramenti al suo Ca.3, dando vita al Ca.5, una macchina da 600 CV. che incrementava sensibilmente le capacità di carico della versione precedente. Di pari passo con l'evoluzione tecnica dei suoi velivoli, l'ingegnere studiava anche una nuova filosofia di impiego dei bombardieri che avrebbero dovuto essere impiegati in operazioni più massicce. Il piano fu sottoposto alle autorità italiane, ma non produsse un risposta immediata. Gianni Caproni allora si rivolse direttamente al primo ministro francese Georges Clemenceau. La produzione della sua ultima creatura infatti avrebbe dovuto vedere coinvolte anche le forze dell'Intesa. Ciò che l'industriale italiano immaginava era una azione congiunta di tutti gli alleati, per bombardare le unità produttive di esplosivo delle forze austrotedesche. Egli calcolava che in tre mesi di operazioni continue sarebbe stato possibile ridurre al lumicino il grosso della fabbricazione di armi in campo avversario. Il suo programma prevedeva 5 punti. Si sarebbero innanzitutto dovuti formare un consistente numero di piloti da bombardamento. Nel frattempo le fabbriche dell'Intesa dovevano iniziare la costruzione dei Ca5 in Italia, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti con diverse motorizzazioni. Il passo successivo era l'allestimento delle basi di partenza dei bombardieri in Francia ed Italia. L'inizio delle operazioni era stato fissato dal piano di Caproni per il gennaio del 1918. L'ingegnere stimava che gli alleati avrebbero subito perdite comprese tra il 50 e il 60% del totale dei velivoli impegnati, anche con atterraggi d'emergenza in zona nemica. Ciò che Caproni proponeva fu accettato dai vertici militari dell'Intesa e venne deciso che la produzione sarebbe stata quasi totalmente sostenuta dagli USA, a causa dell'indisponibilità delle industrie europee impegnate nella produzione di altri velivoli. Nel settembre del 1917 iniziarono i previsti corsi di addestramento per formare piloti americani sui bombardieri italiani. Le lezioni si svolgevano nel grande campo di Foggia. I progetti del Ca.5 nel frattempo erano stati inviati negli Stati Uniti dove però si rivelarono inutilizzabili: erano scritti in italiano ed utilizzavano il sistema metrico decimale basato su centimetri e metri e non quello anglosassone che utilizza invece pollici e piedi. La documentazione tecnica dovette pertanto essere tradotta in inglese e le misure opportunamente convertite. Questo fece perdere tempo prezioso tanto che i primi Ca.5 «americani» volarono solo a metà del 1918. La situazione dei fronti di combattimento era però nel frattempo cambiata, lasciando intravedere una imminente vittoria e rendendo di fatto inutile il programma di Gianni Caproni. Verso la fine del 1917, ad ottobre, furono costituite le prime sezioni dotate di SVA (Savoia Verduzio Ansaldo). L'aereo ebbe una storia particolare. Era stato progettato dalla DTAM per essere il nuovo velivolo da caccia delle forze aeree italiane. Non incontrò però il favore dei piloti che non lo giudicarono adatto a tale impiego. Nelle nuove sezioni che l'ebbero in dotazione, esso fu invece utilizzato come ricognitore strategico e apparecchio da attacco al suolo con l'uso di spezzoni. Sfruttando le sue particolari doti di velocità, salita e autonomia, lo SVA divenne in breve tempo un successo creando praticamente una nuova specialità. Dall'inizio del conflitto l'aviazione aveva raggiunto un buon livello sia per addestramento che per consistenza numerica. Dalle 12 squadriglie iniziali con 75 velivoli operativi, il corpo aereo italiano era arrivato a 63 squadriglie e 4 sezioni con circa 400 macchine. Le formazioni erano schierate sul settore trentino (1^ Armata) presso i campi di Castenedolo (BS), Tombetta di Verona, Castelgomberto (VI) e Villaverla (VI). Nel settore degli Altipiani invece (4^ Armata) altre squadriglie erano basate a San Pietro in Gu, Nove di Bassano, Casoni di Mussolente e Istrana. Sull'area dolomitica (4^ Armata) le aviosuperfici erano state realizzate a Feltre, Santa Giustina, Belluno e Cavazzo Carnico. Lungo l'insanguinato settore isontino, tenuto dalle Armate 2^ e 3^ gli aviatori disponevano dei campi di Santa Caterina (UD), Campoformido, Pozzuolo, Risano/Lavariano, Chiasellis, Santa Maria La Longa, Gonars, Aiello, Borgnano, Medeuzza, e Oleis. Inoltre Aviano e La Comina con le squadriglie da bombardamento servivano tutto il fronte centro-orientale. A questo schieramento andavano aggiunti i gruppi inviati in Albania e in Macedonia nonché gli aerodromi di Boscomantico, Campalto e Casarsa e gli idroscali di Pilzone (Iseo) e Desenzano. Sul nostro fronte erano inoltre presenti a dare man forte anche alcuni reparti francesi e inglesi. La Marina disponeva poi di diverse basi di idrovolanti e di aerodromi con dirigibili su tutta la costa adriatica. Gli Austriaci arrivano a 20 Flik (15 da ricognizione, 4 da caccia e una da bombardamento). Le formazioni erano state così divise: 5 Flik sul settore Trentino-Dolomiti (la 10^ e l' 11^ con l' armata di Conrad), basate sui campi di Romagnano e Gardolo (17^ e 21^), Pergine (24^ e 48^), Brunico (45^) e Bolzano (5^); 14 Flik sul settore dell'Isonzo (la 5^ con l'armata di Boroevic schierate sui campi di Aidussina, Sesana, Prosecco, Villach, e Wippach ( Flik 12, 19^, 28^, 35^, 39^, 47^, 51^, 53^, 56^, 57^, 58^) per un totale di 190 aerei circa. I tedeschi inoltre inviarono la 14^ Armata sul settore dell'alto Isonzo, con ben 7 Fliegerabteilung (FA 2^, 14^, 17^, 39^, 232^, 204^, 219^) e 3 Jagerstaffel (Jasta 1^, 31^, 39^). L'aviazione austrotedesca schierava i caccia di retrovia nella zona di Veldes (Bled), e i bombardieri/ricognitori nelle zone di Krainburg e Lubiana. Nelle trincee italiane però si viveva un clima disperato. In linea arrivavano giornalmente rinforzi che erano stati addestrati in modo frettoloso e serpeggiava il malumore. La guerra diventava lunga e nelle case cominciava a mancare il pane, mentre si moriva nelle inutili spallate di Cadorna. Episodi di insubordinazione non mancarono e il più eclatante fu senza dubbio la rivolta della Brigata Catanzaro che si concluse con 11 morti, 27 feriti, 32 esecuzioni e 135 arrestati.
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