Il Fronte del Cielo - Gli Alleati - Francesi
Il
1917 trova l’aviazione francese stabilmente e proficuamente
installata a Venezia. Conscia della delicata posizione di
Venezia, unica base navale nell’Alto Adriatico, e soggetta a
possibili attacchi aerei (e infatti già il 24 maggio 1915 gli
idrovolanti austriaci bombardavano la città) l’Italia aveva fatto
prevedere nella Convenzione Navale che accompagnava il Patto di
Londra la specifica presenza di una squadriglia francese per la
sua difesa. Il reparto della Marine Nationale, chiamato
Escadrille de l’Adriatique e, dal 1916,Centre d’Aviation
Maritime de Venise, composto dal comandante, LV Antoine Reynaud e
da sei piloti con sei idrovolanti FBA, era arrivato in Italia a fine
maggio,compiendo la prima ricognizione il 29 del mese.La
presenza francese fu inizialmente molto importante, date le capacità
minime dell’Aviazione di Marina italiana, limitate a pochi
idrovolanti Albatros, e nulle del Corpo Aeronautico Militare, con
pochi Bleriot a Bazzera. I francesi svolsero ricognizioni, caccie
ai sommergibili e tentativi, sempre infruttuosi, di intercettare le
incursioni nemiche, con fino a dodici missioni in un giorno solo.
Alla fine dell’estate 1915 costituirono un distaccamento avanzato
a Grado e a settembre ebbero il primo combattimento aereo col
nemico, senza esito. Inizialmente carente in macchine e
soprattutto in armi, il reparto ricevette poi sufficienti
rifornimenti dalla Francia e fu in grado di eseguire azioni di
rilievo, come frequenti bombardamenti alle installazioni costiere
e alle ferrovie. I rapporti con gli italiani, sia a livello
operativo sia umano, furono generalmente positivi, e il numero
complessivo dei voli effettuati da una forza così piccola, fu
molto alto: centinaia di voli, di sicuro molti di più di quelli di
qualunque squadriglia italiana, della Marina o dell’Esercito nello
stesso periodo. Se però gli idrovolanti potevano contribuire alle
operazioni aeronavali, non erano validi per la difesa aerea, e fu
richiesto anche un contributo di caccia, i Nieuport 80 hp. In
luglio fu stabilita la formazione di un reparto per l’Italia, al
comando del capitano Marcel de Chalonge, con tre piloti e tre
osservatori, che arrivò a Venezia a metà agosto 1915. Il reparto
francese si dislocava a Bazzera e iniziava subito i voli di
scorta e caccia. Aumentata a sei apparecchi, la squadriglia,
chiamata 92/I, da Italie, fu subito molto attiva, anche
schierando aerei sulla base avanzata di Cascina Farello, ed ebbe
anche alcuni scontri con gli idrovolanti austriaci che, se non
portarono ad abbattimenti, costrinse però la K.u.k. Seeflieger a
portare gli attacchi aerei a Venezia principalmente di notte. Nel
dicembre 1915 i caccia francesi si spostarono sul nuovo campo
d’aviazione al Lido, di fronte a Sant’Andrea, dove erano basati i
loro colleghi della Marina. La N 92/I, ridenominata N 392 a giugno 1916, ricevette nel corso del 1916 nuovi
aerei, compresi i primi monoposto Nieuport XI, e nuovi piloti ma il suo impiego fu
limitato, sia per il divieto agli apparecchi terrestri francesi di operare sul mare aperto,
sia per le scarse occasioni. I piloti francesi però anelavano a combattere, e si fecero
mandare in voli di pattuglia sul fronte terrestre, e il 26 giugno, con una ben
congegnata operazione, si scontrarono, senza esito, con Banfield, il più noto e valido
pilota avversario. Nella seconda metà dell’anno l’attività aerea aumentò d’intensità, e
i caccia francesi scortarono missioni di bombardamento di Caproni italiani su Fiume e
degli idrovolanti su Trieste, in una delle quali conseguirono la prima vittoria (non riconosciuta) abbattendo un idrovolante austriaco. Una seconda vittoria fu conseguita
in ottobre.
Nel 1916 il CAM di Venezia (nome assunto a inizio d’anno) continuava la sua
attività, ma ormai era affiancato dai Macchi Lohner italiani, in numero tale da
consentire la formazione di due squadriglie a Venezia. Gli FBA C dei francesi erano
ormai vecchi e logorati, ma i piloti li impegnarono al massimo, in frequenti
bombardamenti su Trieste. Il 23 giugno 1916 venne abbattuto l’FBA 12, del pilota LV
Vaugeois, caduto prigioniero, mentre il suo osservatore, l’irredento Gramaticopulo,
rimase ucciso. Nella seconda metà del 1916 il reparto riceveva i primi FBA H più
potenti. Il 15 agosto l’asso austriaco Banfield abbatté un altro FBA francese, con la
morte dell’equipaggio, Roulier e Costerousse. Gli idrovolanti francesi parteciparono
insieme con quelli italiani e ai Caproni, ben 22, a un attacco alla stazione idrovolanti
di Parenzo il 13 settembre, primo e ben riuscito esempio di operazione joint and
combined. Il 31 ottobre 1916 il CAM di Venezia, che con l’arrivo degli FBA H aveva
conseguito una buona efficienza, fu colpito da una particolare tragedia, l’esplosione
delle bombe che venivano caricate su un idro sullo scalo di Sant’Andrea. Il disastro
causò la morte del comandante, il LV Reynaud, di altri quattordici francesi, fra cui un
pilota e di quattro militari italiani e molti feriti. Già pochi giorno dopo, però, ora al
comando dell’EV André Woltz, il reparto era di nuovo in azione. Nel 1917, quindi, il CAM di Venezia, equipaggiato con idrovolanti FBA H, era un
reparto piccolo ma esperto, motivato da un morale altissimo, in cui contributo bellico
era oggettivamente marginale, di fronte ad un forte aumento di qualità e di forza
dell’aviazione navale italiana, con la quale peraltro era perfettamente integrato,
impegnato nella sua missione di ambasciatore della Francia e delle sue armi. Per dare
un contributo maggiore, il comandante richiese a Parigi dei caccia idrovolanti, che
non arrivarono. In primavera, con sei FBA a disposizione a fronte di una dotazione
organica di dieci apparecchi, il CAM continuò a compiere sporadiche azioni di
bombardamento, efficacemente contrastate dagli idrocaccia austriaci. Il 17 aprile ebbe
luogo una lunga e confusa battaglia aerea, nella quale diversi idro alleati e austriaci
finirono in acqua. Nonostante un’imminente tempesta, il comandante Woltz, unico
ufficiale rimasto al reparto, ripartì alla ricerca di naufraghi, accompagnato dal QM
Maurice Coste, ma scomparve. Le ricerche, protrattesi anche per il giorno successivo
non portarono ad alcun risultato. Il CAM di Venezia perse così nuovamente il suo
comandante, ma soprattutto era rimasto senza ufficiali che ne potessero rilevare il
comando, che fu affidato così al sottufficiale più anziano, il maître fourrier Cadio.
Dopo quest’ulteriore perdita, oramai il futuro del CAM di Venezia era segnato. Le
azioni continuarono, il 2 giugno tre FBA svolsero una missione di bombardamento
notturno, ma fu il comandante dei caccia terrestri, il cap. de Chalonge, che dovette
scrivere a Parigi per chiedere riconoscimenti per gli eroici aviatori francesi.
Il 16 giugno un Decreto Ministeriale del Ministro della Marina ufficialmente sanciva
la soppressione del CAM di Venezia. Il 27 giugno il personale rientrava in Francia
salutato dai colleghi francesi del Lido e dai marinai italiani di Sant’Andrea, che nei
due anni di guerra avevano avuto modo di apprezzare il lavoro svolto dalla
squadriglia francese molto spesso in situazioni molto difficili, meritando ampiamente
l’elogio del V.Amm. Cito.
La dimenticata epopea del CAM di Venezia si chiuse con un ben meritato
riconoscimento collettivo, la Citation à l’Ordre du Jour de l’Armée che il Ministro
della Marina concesse il 27 luglio 1917.
Il 1917 vedeva la squadriglia di caccia del Lido, la N 392, con una forza di una
diecina di piloti, mente la sua dotazione di aeri si arricchiva dei nuovi Nieuport da 110 cavalli, i Nie 23. Nonostante l’impegno del comandante de Chalonge il suo
impiego continuava a essere ridotto, quantomeno rispetto a quanto avveniva sul fronte
occidentale, e lunghe trattative si svolsero nel primo semestre per dotare il reparto di
una sezione di bombardieri, in modo da poter dare un contributo maggiore, che però
non ebbero esito.
Il 17 aprile, nel corso della serie di scontri al termine dei quali scompariva il
comandante del CAM de Venise, Woltz, i caccia francesi abbatterono un altro
idrovolante.
Il 1° giugno la squadriglia francese cambiò ancora designazione, diventando N 561.
L’8 giugno 1917 quattro Nieuport, ai comandi del Lt Chambarière, furono inviati al
campo di Villaverla, con missione di scorta per i Sopwith 1A2 dell’Escadrille
Espinasse, il piccolo reparto francese inviato in Veneto per la direzione di tiro
dell’artiglieria pesante su ferrovia mandata in aiuto dell’Italia. A fine giugno, dopo il
rientro da Villaverla, la squadriglia si ritrovava con ben 18 aerei (16 Nieuport, uno
Spad e un Sopwith) 16 piloti, dodici dei quali non avevano mai servito sul fronte
francese, e una limitata attività. A parte la parentesi del distaccamento a Villaverla, i
piloti della N 561 non erano mai stati impegnati in combattimento dal mese di aprile,
a parte alcune infruttuose partenze su allarme.
Molto si è detto sulla bella vita di questi aviatori a Venezia, ben alloggiati, beniamini
dell’alta società, ambasciatori della Francia, certamente, ma in qualche misura
imboscati, ed essi si rendevano bene conto della loro vita privilegiata. Però erano
continue le richieste a Parigi di essere impiegati più intensamente o addirittura
riportati in patria, richiesta che rimarrà senza esito anche per motivi politici, per non
lasciare campo libero agli inglesi. L’estate del 1917 vedeva la N 561 sempre più forte,
con una quindicina di piloti, e caccia moderni, compresi i primi Spad 7. Per
avvicinarsi alla linea del fuoco, una sezione venne distaccata a Cascina Farello, sia
per difendere il litorale a nord di Venezia sia per scortare le offensive della Marina,
che a Marcon aveva costituito la sua prima squadriglia di bombardieri Caproni. La N
561 ricevette anche qualche biposto Sopwith, da usare per la ricognizione fotografica,
con un osservatore d’eccezione, il Lt. Olphe Galliard, proveniente dalla Espinasse, un
sacerdote che in seguito diventerà Ordinario militare delle forze libere di De Gaulle.
Il 14 agosto gli austriaci lanciarono un colossale attacco a Venezia con una ventina di
idrovolanti, i francesi diedero battaglia e conseguirono un’altra vittoria.
A fine agosto due vecchie corazzate costali austriache, SMS Wien e SMS Budapest, si
spostarono da Pola prima a Muggia e poi a Trieste. La Regia Marina reagì con una
lunga offensiva aerea, che durò dal 28 agosto al 12 settembre, con 183 missioni nelle
quali furono sganciate 624 bombe, delle quali tre furono viste colpire i ponti delle
navi. I francesi contribuirono con 16 missioni di Nieuport decollati da Cascina Farello
come scorta agli L.3: due il 28 agosto, nel coso della quale si aggiudicavano un’altra
vittoria, due il 30 due volte, due il 1° settembre, quattro il 4, tre il 5 e una il 9 e in
varie occasioni difesero con successo gli idrovolanti italiani dagli attacchi austriaci.
Il 4 settembre il Sopwith di Olphe Galliard svolse un’importate ricognizione a lungo
raggio fino al canale della Morlacca, ma uno dei caccia mandati per scortarlo al suo
rientro si perse, abattuto da idrovolanti nemici, con la morte del pilota MdL Jean
Tétart de Morvilliers.
Con lo sfondamento a Caporetto, i piloti della N 561 trovarono le intense azioni che
avevano auspicato: il 25 ottobre tre Nieuport si scontrarono su Grado con i caccia
austriaci costringendone uno a un atterraggio forzato e in una successiva azione
abbattevano un altro idrovolante nemico. Le azioni tanto attese ora non mancavano, il
14 novembre ben 15 Nieuport furono impiegati in missioni di scorta ai bombardieri, ma anche in missioni di ricognizione a vista ed esplorazioni nel settore della foce dei
Piave. Nel corso di novembre i piloti francesi iniziarono le azioni contro i Drachen, i
palloni da osservazione che erano innalzati a ridosso del fronte dagli austriaci man
mano che avanzavano nella pianura veneta. Il 16 novembre ebbe luogo un’altra
intensa battaglia aerea sul cielo delle corazzate Wien e Budapest che
cannoneggiavano la linea di difesa italiana a Cortellazzo, e i francesi abbatterono un
altro nemico, mentre altri due furono costretti ad ammarare e a farsi prendere al traino
dalle loro navi. Nuovo scontro il 17 novembre e altra vittoria dei francesi, condivisa
con i Macchi M.5 italiani. In novembre e dicembre, anche se i dati non sono completi,
l’attività fu intensissima, con dai 4 fino ai 12 voli di guerra al giorno: messa alla
prova, l’Escadrille de Venise seppe dimostrare il suo valore.
Un’altra importante presenza francese, del tutto sepolta dall’oblio, fu quella degli
idrovolanti della Marina a Marsala. La base iniziò a operare nell’agosto 1917, quando
il Comando della Marina Francese in Algeria-Tunisia decise di installare un P.C.
(poste de combat) su spazi messi a disposizione dalla Regia Marina nel porto di
Marsala già dal 1916, distaccando periodicamente una sezione di tre idrovolanti FBA
dal Centre d’Aviation Maritime, CAM di Bizerta per compiere missioni di
pattugliamento marino e scorta al naviglio alleato in transito. Il Poste de Combat al
comando dell’EV Bos fu dotato di idrovolanti Donnet Denhaut, ed effettuò la prima
missione il 10 ottobre 1917, e poi voli saltuari nel resto dell’anno. Nel febbraio 1918
sarà elevato a CAM, Centre d’Aviation Maritime, per poi operare intensamente e
ininterrottamente per tutto il 1918, subendo anche dolorose perdite.
A Marsala era inoltre installato un centro di montaggio, che provvedeva a montare gli
idrovolanti giunti per ferrovia dalla Francia e a prepararli per il volo di trasferimento
fino alla Tunisia. Un altro Poste de Combat venne attrezzato a Lampedusa, operativo
dall’agosto 1917 e a disposizione anche degli idrovolanti inglesi a Malta nella
seconda metà del 1917, dal quale dall’inizio del 1918 operò una sezione di idrovolanti
distaccata da Biserta.
Dal febbraio al luglio 1917 il ten. Paul-Louis Weiller, aviatore eccezionale, in seguito
patron della Gnome & Rhone, fu distaccato sul fronte del Trentino per prendere
informazioni e fotografie, in vista di un futuro impegno francese. A seguito della
visita del gen. Foch al fronte italiano fu deciso di inviare in Italia tre gruppi di
artiglieria pesante montata su carri ferroviari (A.L.V.F., Artillerie Lourde sur Voie
Ferrée) per appoggiare un’operazione speciale che doveva avere luogo nel settore
della VI Armata, quella che sarà la Battaglia dell’Ortigara. Il contingente
“Detachement d’Italie du 1er Groupment A.L.V.F.” agli ordini del Lt Col Charet partì
a fine maggio 1917. In accompagnamento fu mandata una squadriglia di formazione
con otto piloti e otto osservatori e sei Sopwith 1A2 120 hp le Rhone, più quattro aerei
di riserva al comando del cap. Fontenilliat, che ebbe il nome di Escadrille Espinasse,
in omaggio a un generale francese caduto nel 1859 nella battaglia di Magenta. Il
reparto si basò a Villaverla e iniziò a operare in giugno, scattando fotografie e poi
dirigendo con la TSF il tiro dei cannoni. Per fornire copertura aerea ai velivoli
dell’Espinasse, dall’8 giugno sul campo di Villaverla fu rischierata una sezione di
quattro velivoli Nieuport 110 hp della N 392 del Lido di Venezia. L’Espinasse operò
efficientemente a servizio dei grossi calibri francesi ed ebbe anche alcuni incontri con
aeroplani austriaci. La sola perdita del reparto fu il sottotenente Zuber, deceduto a
seguito di incidente aereo su idrovolante nel corso di una visita a Venezia. Agli inizi di luglio la squadriglia Espinasse tornava in patria, con parte delle artiglierie francesi,
lasciando i suoi aerei.
A fine luglio 1917 si ricostituiva la presenza francese sul fronte italiano. Il Comitato
di Guerra decideva il 24 luglio di mandare in Italia una notevole forza di artiglieria
pesante cui fu assegnata l’Escadrille 36, o SOP 36, comandante il capitano Contal,
con otto Sopwith più quattro di riserva, otto piloti e otto osservatori. Alla Escadrille
36, spostatasi dalla sua sede al fronte, Palesne, a Dugny, alla Rèserve Genérale de
l’Aéronautique il 27 luglio, fu ordinato di distaccare il personale per prendere in
carico gli aerei della Espinasse rimasti a Villaverla, sei, e di spostarsi con altri sei
apparecchi imballati in casse a Risano, circa 10 km. a sud di Udine.
I francesi mandarono una grande quantità di artiglierie in aiuto dell’alleato italiano,
per sostenere una nuova offensiva sull’Isonzo e sul Carso e i grossi calibri
appoggiarono con intenso fuoco l’11a Battaglia dell’Isonzo nella seconda metà di
agosto, e la SOP 36 li guidò con continue missioni.
A settembre 1917 il Comité de Guerre decise di mandare “d’urgence” in Italia altre
due squadriglie di artiglieria, per operare con due reggimenti di artiglieria pesante.
Partirono quindi per l’Italia altri due reparti di Sopwith, le Escadrille SOP 206 e SOP
221 che nella seconda metà di settembre si basavano rispettivamente a Oleis e a
Medeuzza, iniziando i rilievi fotografici. Il comando italiano però, deludendo gli
alleati, non lanciò una nuova offensiva, anzi Cadorna ordinò all’esercito di porsi sulla
difensiva fino alla primavera. Molto contrariati, i francesi ordinarono l’immediato
ritorno delle loro artiglierie e delle squadriglie.
La SOP 221 e la SOP 36 tornarono in Francia, partendo il 17 e arrivando il 22 ottobre,
lasciando sul terreno di Campoformido, ancora occupato dalla SOP 206, dodici aerei,
destinati a essere imballati in casse e rispediti in Francia. Pochi giorni dopo si verifica
lo sfondamento a Caporetto.
L’entità della sconfitta fu subito evidente e già il 26 ottobre il gen. Foch offriva un
intervento francese. Fu destinato all’Italia il QG della Xeme Armée, con il 31eme
Corp d’armée, divisioni 64e e 65e, due divisioni isolate, 46e e 47e, reparti d’élite,
formati la prima da Chasseurs à pieds e la seconda da Chasseurs des Alpes, e
artiglieria, mentre altrettanti aiuti mandavano gli inglesi.
Vi era a Parigi il forte timore che l’Italia potesse uscire dalla guerra, portando la
minaccia tedesca al confine di Mentone, e l’intenzione non affermata era che le truppe
alleate se del caso continuassero a combattere nella pianura padana anche da sole.
Foch arrivò in Italia il 30 ottobre, seguito il giorno dopo da William Robertson, Chief
of the Imperial General Staff britannico, e si basò a Padova presso il Comando
Supremo italiano, e resterà in Italia fino al 23 novembre. La sua opinione era che la
linea difensiva dovesse formarsi sul Mincio, abbandonando tutto il Veneto, ma
Cadorna assicurò che la linea di difesa si sarebbe formata molto più a est, sulla linea
Altipiani-Grappa-Piave. Così avviene il 10 novembre, quando l’avanzata nemica si
fermò sul Piave, ma il pericolo maggiore venne individuato in un rinnovato attacco
dal nord che avrebbe preso alle spalle tutto lo schieramento italiano portando alla fine
della guerra.
Il 10 novembre fu deciso l’invio in Italia di ulteriori rinforzi: il 12e Corps d’Armée,
23e e 24e Divisione, riceveva l’ordine di partenza il 10 novembre, ma il suo arrivo
sarà ritardato perché sulle ferrovie la precedenza fu data a quattro divisioni inglesi e si
realizzò solo alla fine del mese.
Il ritiro dal fronte francese delle Escadrilles destinate all’Italia cominciò il 28 ottobre,
e il trasporto richiese 40 treni il giorno. Le prime a partire furono la SOP 36 e 221, da
pochi giorni tornate in Francia, perché gli aerei teoricamente li avevano ancora in Italia, anche se dopo pochi giorni andranno persi. Il personale delle SOP 36 e SOP
221, costituito per ciascun reparto da dieci piloti, dieci osservatori, quattro mitraglieri
e il personale di truppa, ripartì per la seconda volta il 29 ottobre. La SOP 36 fu
assegnata alla 47e Divisione francese, e la SOP 221 al 90e R.A.L., altro reparto che
aveva fatto dietro-front.
Il contingente aereo francese comprese due squadriglie d’armata, ossia di caccia, la
SPA 69 e la N 82, una squadriglia di corpo d’armata, ossia da ricognizione, su 15
aerei, AR 44, organica al 31e C.A., due per divisione di fanteria, AR 14 e SOP 36, e
due d’artiglieria, SOP 221 e SOP 206 la seconda già in Italia, a Campoformido, su
dieci aerei l’una. Comandante dell’aeronautica francese in Italia era il Chef
d’escadrons Jean-Paul Houdemon.
Gli aerei inviati furono sessanta Sopwith Clerget 130 hp per le SOP 36, 206 e 221, (si
era rinunciato alla speranza di recuperare qualche aereo in Italia ma in realtà la SOP
206 era riuscita a salvare sette Sopwith) 15 Spad, a metà fra 7 e 13, di cui due con
macchina fotografica, più quindici di riserva per la SPA 69, 17 Nieuport 27 e 24 bis,
più quindici di riserva per la N 82, 15 AR con motore Renault 190 HP più quindici di
ricambio per la AR 44, dieci AR Renault per la AR 14 più dieci di riserva, per un
totale di 172 aerei.
Le squadriglie francesi si organizzano sui campi di Verona e di Ghedi, nelle retrovie,
poi dopo pochi giorni dall’arrivo presero posizione su vari campi in prossimità dei
reparti terrestri cui erano assegnate al fronte. La AR 14 andò a Trissino assegnata alla
46e D.I., la SOP 36 a Castelgomberto per la 47e D.I., la AR 44 a Verona, per la 64
D.I, la SOP 206 a Castelgomberto per le artiglierie di gruppi nord e centro, la SOP
221 a Verona, per il gruppo sud, mentre le due squadriglie da caccia, SPA 69 e N 82,
restavano a Verona. Furono inviate anche delle sezioni aerostatiche che si dislocavano
a metà novembre con la Ballon Companie 38 per la 64e D.I. e Gruppo Sud a Sovizzo,
la Ballon Cie 25 per la 47e D.I. e gruppo centro a Castelgomberto, la Ballon Cie 19
per 46e D.I. e gruppo nord a Cornedo.
Con l’arrivo del 12e C.A. con le sue due divisioni, 23e e 24e, arrivarono la Escadrille
AR 22, la squadriglia di corpo d’armata assegnata al 12e C.A., e la AR 254 da poco
istituita sulla stessa sede, la SOP 214, di Mont de Soissons, assegnata al 180e con altri
40 AR e 20 Sopwith.
La prima squadriglia a entrare in azione fu la SOP 206, che era riuscita a rimanere
integra durante la ritirata. Alla fine di novembre i reparti francesi erano già attivi,
svolgendo ricognizioni mentre i caccia scortarono i ricognitori italiani del III Gruppo.
La sola presenza di caccia italiana nel settore nord era quella della 71a Squadriglia, a
Sovizzo, per cui l’aiuto dei francesi era importante.
A fine novembre, mentre le truppe francesi che inizialmente erano disposte a ovest
del Garda, in previsione del peggio, si trasferivano nel Vicentino, l’aviazione le
accompagnò, in avanti verso il fronte, portando la SPA 69 e la N 82 da Verona a San
Pietro in Gu, la SOP 36 da Castelgomberto a Castello di Godego e la SOP 221 da
Verona a Castelgomberto a raggiungere la 206.
Per unificare l’aviazione francese, anche l’Escadrille de Venise fu assegnata al
Commandement de l’Aéronautique della Xe Armée, ordine che non piacque affatto ai
piloti francesi, che perdevano la loro dorata indipendenza e de Chalonge scriverà,
esponendo la questione da un punto di vista tecnico, ossia la complicazione di dover
dipendere per i rifornimenti dal Parc N. 3 di Verona, ma da Parigi furono irremovibili.
Il reparto rimase comunque a Venezia, continuando a operare per la Marina italiana.
Lo schieramento francese vedeva a dicembre tre squadriglie d’osservazione, AR 44,
SOP 36 e SOP 206, schierate a Castello di Godego per coprire il fronte del Piave, due squadriglie d’armata, SPA 69 e N 82, e una da osservazione, AR 14, a San Pietro in
Gu, in posizione centrale fra Vicenza e il Piave, e tre squadriglie da osservazione,
rivolte alle montagne di fronte ad Asiago, SOP 221, AR 22 e AR 254 a
Castelgomberto.
Il 30 dicembre, dopo due giorni di preparazione di tiro d’artiglieria, gli Chasseurs
Alpins della 47e D.I. del 31e C.A. al comando del generale Dilleman si lanciarono per
riconquistare il monte Tomba, caduto in mano austriaca ai primi del mese, e con una
rapida e brillante operazione ebbero la vittoria. Nel corso della battaglia, le tre
squadriglie, SOP 36, SOP 206 e AR 44, assicurarono la controbatteria, la distruzione
delle mitragliatrici e il collegamento con la fanteria, mentre le squadriglie da caccia
svolsero numerose pattuglie fra il Monte Grappa e Valdobbiadene, mitragliando i
rinforzi nemici sul versante nord del monte e le batterie, sparando 5.000 cartucce. Le
squadriglie da caccia inglesi coprirono il fianco a est, fra Valdobbiadene e Nervesa.
Un aereo della AR 14 ebbe un combattimento con un aereo nemico nella zona di
Valstagna, una pallottola colpì al petto il ten. Rey, che fu riportato a terra dal pilota
ten. Bonnot, lo sfortunato aviatore morì il giorno dopo.1
Il bilancio di fine anno per le forze francesi in Italia fu positivo, anche se poco
conosciuto allora in Italia, e poi dimenticato dalla storiografia. L’aiuto fu
quantitativamente importante, e con un potenziale strategico che condizionò le
decisioni degli alleati sulla capacità di continuare la guerra dell’Italia. La vittoria del
monte Tomba è stata un capolavoro di organizzazione e di realizzazione tattica, e ha
segnato lo spartiacque di quel periodo della guerra, con il ritorno all’offensiva degli
alleati. Da un punto di vista morale, il rapporto fra i francesi e la popolazione italiana
è stato ottimo, e la propaganda tedesca che cercò di seminare malanimo contro gli
inglesi, non ci provò nemmeno con i francesi. Quanto all’aviazione, il suo contributo
è stato altissimo, compiendo una vasta mappatura fotografica di tutto il settore,
mandando in volo un gran numero di caccia e superando ampiamente il numero di
sortite effettuate in quel settore dall’aviazione italiana.
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