Il Fronte del Cielo - Le Origini - 1.5 La Vigilia del Conflitto
Con la guerra libica del 1911, in cui l'aviazione ebbe le prime timide esperienze di bombardamento e dell'uso di fucili e pistole in volo, l'interesse verso di essa crebbe. Già nel 1912, Leonino Da Zara, a cui si deve il primo campo di volo civile d'Italia, realizzato nel padovano a Bovolenta, lanciò una sottoscrizione pubblica allo scopo di acquistare aerei per la nuova arma. La proposta trovò subito approvazione e in ottobre quando la raccolta di denaro fu chiusa, si raggiunse la bella somma di 3.270.669,28 lire dell'epoca. Nonostante gli intenti dell'iniziativa promossa dal Da Zara fossero chiari, tuttavia i fondi raccolti non vennero spesi per l'acquisto di nuovi velivoli, ma furono accantonati in vista di un rifinanziamento del Battaglione Aviatori. Tale operazione si realizzò con un opportuno voto parlamentare nel giugno del 1913, grazie all'interessamento di un pioniere dell'aviazione italiana, il già ricordato onorevole Carlo Montù che, come abbiamo visto, era stato presidente della Società Aviazione Torino. Nel 1913 erano operativi diversi campi scuola militari con strutture stabili ad Aviano (PN), Somma Lombardo (MI), Cascina Malpensa (MI) e la stazione idrovolanti di Venezia. Ad essi si affiancavano strutture civili a Cameri (NO) e a San Giusto (PI), oltre ai campi operativi di Centocelle (Roma), Mirafiori (TO), Venaria Reale (TO), Cuneo, San Francesco al Campo (TO), Busto Arsizio (VA), Taliedo (MI), Padova, Bologna, La Comina (PN) e altri minori. Inoltre funzionavano gli aeroscali per dirigibili di Vigna di Valle (Roma), Ferrara, Jesi (AN), Baggio (MI), Campalto (VE) e Verona Boscomantico. Nel Veneto i cantieri di Campalto (VE) e quello di Verona Boscomantico erano stati realizzati nel 1910 per ospitare i dirigibili «P2» e «P3». Il campo della La Comina invece nacque come campo scuola civile nel 1910, per poi essere rilevato dai militari nel 1912. Quello di Aviano fu inaugurato come scuola militare di volo nell'aprile 1911, in seguito all'abbandono di Centocelle. Il cantiere di Campalto quindi, era situato vicino al cimitero locale, dove attualmente esiste ancora un deposito militare. Vi erano stati realizzati due hangar in lamiera e durante il primo conflitto ospitò i dirigibili «P5», «M1» e «F5». Verona Boscomantico invece, che esiste ancora oggi come aeroporto, fu base dei dirigibili «M1», «M3», «P5» e «M11». Era dotato di un hangar metallico, situato nell'ansa dell'Adige di fronte al Forte Parona, a nord-ovest della città e a nord di Chievo. Fu subito previsto di realizzarvi un'area per l'atterraggio di aeroplani. A Padova il campo di volo venne collocato nella Piazza d'Armi delle Basse di Brusegana. Il campo di Bovolenta infine, fu nello stesso periodo donato all'Esercito. Il 23 gennaio del 1913 il comandante del Battaglione Aviatori, il Tenente Col. Cordero di Montezemolo, venne trasferito ad altro incarico. Gli successe interinalmente il Maggiore Giulio Douhet, che dal 7 agosto diverrà poi comandante del reparto. Douhet lo riorganizzò sulla base di una relazione che gli era stata richiesta dal Ministero della Guerra nel dicembre del 1912. Nella relazione di Douhet, venne delineata l'unità elementare della nascente aviazione e cioè la «squadriglia», sia da posizione che mobile. Essa non fu più un semplice distaccamento ma un reparto organico formato da sezioni. Ogni reparto era costituito da 7 velivoli di cui 4 dovevano essere operativi, 1 di riserva e 2 per l'allenamento. Vi avrebbero prestato servizio 4 piloti, 4 osservatori e da 20 a 30 specialisti oltre al personale di governo. La squadriglia mobile inoltre doveva disporre di 2 aviorimesse smontabili, 1 auto-officina, 1 rimorchio per l'aereo di riserva, 2 motociclette, 1 autocarro per il personale, 2 biciclette, 2 stazioni telegrafiche da campo con 5 km di linea, una rete telefonica, un laboratorio fotografico con relativi apparecchi e mezzi di manutenzione, rifornimento e cartografici. Essa doveva poi essere in grado di operare con una autonomia di 20–30 giorni senza ricevere rifornimenti e doveva potersi spostare entro un raggio di 100 chilometri in 24 ore.
Per attuare il programma immaginato da Douhet erano necessari 84 aerei, di cui 14 ordinati all'estero e 70 prodotti in Italia. Già nel 1912 era stato bandito un concorso per aeroplani di costruzione nazionale. Dopo i necessari tempi di valutazione, fornitura e modifiche degli ordini, alla fine del 1913 risultavano in linea 50 monoplani Bleriot 80 cv., 18 monoplani Nieuport 80 cv., 34 Farman e 7 tra Bristol, Caproni e altri, senza contare gli idrovolanti della Marina. A giugno del 1914 fu proposto un altro finanziamento all'aviazione. Ma è solo a gennaio del 1915 che con una legge ad hoc viene dato un ulteriore impulso alla specialità in vista dell'entrata in guerra e il Battaglione Aviatori diventava un «Corpo» autonomo. Tra le innovazioni che Douhet aveva proposto nella sua relazione vi era, fra l'altro, l'aumento da dodici a venticinque delle squadriglie da costituire. Le venticinque squadriglie avrebbero poi formato tre gruppi, destinati ad entrare in attività entro il primo semestre del 1913. Un gruppo doveva fare base a occidente in Piemonte, un secondo a oriente - fra la Lombardia e il Veneto - ed il terzo nel Lazio. In Veneto, quali probabili aree destinate ad ospitare le squadriglie che avrebbero operato sul nord-est del Paese, vennero individuate le province di Padova, Verona e Treviso. Il primo dei campi di volo previsti, fu realizzato alle porte della città del Santo, dove si insediò la VII Squadriglia Nieuport. Fu anche il solo dei tre siti progettati, ad entrare in attività entro il 1913. A guardia dei cieli delle Venezie, gli si affiancò infatti la base di Pordenone, già collaudato campo scuola, sul quale fu inviata la XII Squadriglia Farman. I nomi di Verona e Treviso per il momento sembravano scomparsi dall'elenco delle località destinate ad ospitare aviosuperfici. Per quanto riguarda il capoluogo della Marca, agli inizi di febbraio del 1913, il Battaglione Aviatori contattò il Comune per richiedere l'individuazione di zone adatte ad essere trasformate in campi di volo. Il 26 dello stesso mese, il municipio cittadino affidò ad un esperto il compito di trovare aree idonee allo scopo. Tali aree, secondo i requisiti fissati dall'esercito, dovevano essere libere da ostacoli e disporre di superfici di 150 x 300 metri. I risultati della ricerca furono trasmessi all'autorità militare ma nulla accadde.
La Marina non era rimasta a guardare ed anzi ebbe una parte attiva nello sviluppo delle tecnologia aeronautica. Dal 1907 aveva avviato la sperimentazione dell'uso di palloni frenati da bordo dell'incrociatore Elba. Il comando supremo delle forze armate la spinse poi a concentrare l'attenzione sui dirigibili, ritenendoli più adatti alle sue esigenze. Due anni dopo la costruzione del dirigibile N1, diventato poi P1, fu proprio un ufficiale di Marina a comandare il volo sperimentale Roma-Napoli-Roma. La Marina partecipò poi insieme all'Esercito anche alla gestione dei nuovi dirigibili che entrarono in servizio a Campalto, a Taranto e a Jesi. L'interesse per il più leggero dell'aria non le impedì tuttavia di occuparsi anche di aeroplani ed in particolare - naturalmente - di idrovolanti. Henry Fabre aveva portato in volo il primo aereo con galleggianti nel 1910 ed il Tenente di Vascello Mario Calderara, dopo i primi tentativi del 1907, quattro anni più tardi decollava da La Spezia con un idrovolante monoplano. Nello stesso anno, il 5 novembre del 1911, il Capitano del Genio Navale Alessandro Guidoni, volò con un biplano Farman da lui trasformato in idrovolante, grazie all’applicazione di due galleggianti muniti di innovative alette idrodinamiche. Altri esperimenti furono condotti a Vigna di Valle, sul lago di Bracciano dal tenente di vascello Manlio Ginocchio. Il 1911 segna anche il battesimo del fuoco della neo costituita specialità in occasione del Conflitto italo-turco in Libia, durante il quale aerei e dirigibili, pilotati da personale dell’Esercito e della Marina, furono impiegati per dirigere il tiro dal mare e per attività di bombardamento leggero. In tale occasione l’aereo dimostrò da subito la sua valenza tattica e si affermò altresì una figura destinata a ricoprire un importantissimo ruolo nell’Aviazione di Marina: l’Osservatore Aereo. Nel 1912 Alessandro Guidoni propose la trasformazione della Regia Nave “Piemonte” in nave-hangar per idrovolanti, prevedendo la presenza sopra il tetto dell’hangar di una piattaforma inclinata, lunga circa 40 mt., da impiegare come pista di decollo. Altrettanto degne di nota sono le sperimentazioni effettuate nel 1913 per l’impiego dei nuovi idrovolanti Curtiss e Borel imbarcati su alcune navi, fra cui l’incrociatore corazzato San Marco e le corazzate Roma e Dante Alighieri, condotte dagli istruttori di volo, De Filippi, Roberti e Garassini. Il 26 febbraio del 1914 lo stesso Guidoni sperimentò il primo lancio al mondo di simulacro di siluro, impiegando un “idrosilurante” progettato dal marchese Raul Pateras Pescara ma costruito a Venezia sotto la direzione. Il 4 giugno 1914 furono completati i lavori di modifica dell’incrociatore protetto Elba (2.732 tonnellate) - precedentemente impiegato per il rimorchio di palloni frenati - che lo trasformarono nella prima nave appoggio idrovolanti. La lungimiranza del Capo di Stato Maggiore pro-tempore, Ammiraglio Paolo Thaon di Revel, che aveva ben compreso l’importanza bellica delle unità navali dotate di aeromobili, nonché la genialità ed intraprendenza di Alessandro Guidoni, consentirono nel 1915 la realizzazione della nave appoggio idrovolanti Europa, che richiese solo 3 mesi per la sua progettazione e costruzione. Nel corso della Grande Guerra vennero sperimentati i velivoli di Manlio Ginocchio e Raul Pateras Pescara e testato il primo aerosilurante italiano. Anche un Caproni Ca3 fu modificato in idrovolante. Soprattutto ebbe rilevanza l'attività del veronese Luigi Bresciani che riprogettò un Caproni realizzando un aereo originale a bordo del quale perse però la vita. Con un Caproni fu anche sperimentato a Venezia il primo lancio di siluri da un aeromobile, gettando le basi della futura guerra aeronavale. Nel frattempo veniva costituito un nucleo di 8 aerei scuola, acquistati all'estero (Curtiss e Borel), impiegati prima nel canale delle Vergini e poi nell' Idroscalo di Sant'Andrea. La Squadriglia di base a Venezia fu battezzata «San Marco». L'hangar idrovolanti venne chiamato Pier Fortunato Calvi e sui fianchi degli aerei furono applicate due targhe: una con la bandiera della marina e l'altra con il leone di San Marco su fondo rosso. Già dal 1884, era stato scavato un canale nell'isola delle Vignole per realizzare un siluripedio allo scopo di testare i siluri. La struttura, sistemata ad opera di Luigi Bresciani, diventò un idroscalo. Nel 1914 ne venne realizzato un secondo a Punta Sabbioni, che rimase in uso durante tutto il primo conflitto mondiale.
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(immagine tratta da www.aviation.com)