Il Fronte del Cielo - Il Bombardamento - L'Esordio
Alla data del 24 maggio 1915 l'aviazione militare italiana non disponeva che di una manciata di squadriglie, montate esclusivamente su velivoli monomotori del tipo Nieuport, Farman e Bleriot. Tali velivoli, fragili e di piccole dimensioni, non erano adatti a compiere missioni di bombardamento efficaci in quanto il loro carico utile si riduceva a poche bombe nell'ordine della decina di kg di peso. L'organizzazione dell'Aeronautica prevedeva tre comandi di gruppo, ognuno dei quali asservito a un'armata dell'Esercito, articolati su diverse squadriglie. aventi base a Pordenone, Campoformido e Portogruaro. Già durante le operazioni della I e II battaglia del'Isonzo i velivoli disponibili riuscirono a compiere numerosi voli di ricognizione, consegnando ai rispettivi comandi preziose informazioni sulla dislocazione delle unità austro-ungariche. La nascita dell'aviazione da bombardamento italiana può essere datata all'agosto del 1915 quando, uno o due esemplari alla volta, cominciarono ad affluire al fronte i primi bombardieri Caproni. Questi, sin dalle prime missioni, ebbero modo di mettersi in luce con azioni di bombardamento degli aeroporti avversari, riportando risultati lusinghieri, sopratutto se paragonati a quanto compiuto dai monomotori fino allora impiegati. Col crescere del numero di velivoli disponibili il Comando Supremo predispose la costituzione di specifiche "squadriglie da offesa", concentrandole presso gli aeroporti di Aviano e della Comina. Alla data del 12 ottobre 1915 (III battaglia dell'Isonzo), l'organizzazione dell'aviazione da bombardamento era basata su 5 squadriglie da offesa, la 1^ Caproni a Pordenone al comando del Cap. Bailo, la 2^ Caproni a Pordenone al comando del Cap. Carta, la 3^ Caproni a Pordenone al comando del Cap. Piccio, la 4^ Caproni a Aviano al comando del Cap. Ungania e la 2^ Farman a Campoformido al comando del Cap. Masi. Sin dallo scoppio delle ostilità sul fronte alpino gli austro-ungarici avevano impiegato monomotori in profonde incursioni sulle città italiane; sebbene i danni inflitti fossero lievi, l'effetto psicologico sortito sull'opinione pubblica italiana fu notevolissimo. Da più parti si richiedeva a gran voce un'azione in risposta alle incursioni aeree avversarie ma, mentre gli austriaci avevano la possibilità di colpire molte città italiane disseminate sulla pianura padana, altrettanto non potevano fare gli italiani: escluse per ovvi motivi Trento e Trieste, la scelta dell'obiettivo cadde su Lubiana. Apparve presto evidente che l'unico mezzo in grado di compiere tale missione era il bombardiere Caproni, quindi il Comando Supremo autorizzò le squadriglie da offesa a effettuare l'Incursione. "In risposta alle molteplici violazioni del diritto delle genti, con iniqua insistenza perpetrate dal nemico fin dall'inizio della guerra, ieri mattina, una nostra squadriglia di Caproni compiva una incursione su Lubiana. Fatti segno lungo tutto il percorso al fuoco di numerose batterie antiaeree ed aggrediti da stormi di velivoli nemici, gli arditi aviatori riuscivano a raggiungere l'obiettivo. Uno dei Caproni assalito e circondato da sei velivoli austriaci fu costretto ad atterrare in territorio nemico; gli altri ritornarono felicemente, incolumi alle nostre linee. Cadorna". Fu durante questa azione, effettuata il 18 febbraio 1916, che il capitano Salomone guadagnò la prima Medaglia d'Oro al Valor Militare assegnata ad un aviatore, riuscendo a riportare il Ca.478 "Aquila Romana" alla base nonostante i pesanti danni inflitti al velivolo e la perdita degli altri due componenti dell'equipaggio ad opera della caccia avversaria.
L'attività nei mesi successivi a questa prima incursione strategica subì una notevole intensificazione caratterizzata da azioni su obiettivi nei pressi del fronte, condotte da un numero modesto di velivoli, operanti per giunta in maniera autonoma; tipiche in tal senso furono le azioni condotte durante la III battaglia dell'Isonzo: il Comando Supremo decise di impiegare i bombardieri Caproni in ripetute incursioni sulla principale base aerea avversaria, presso Aisovizza; il 19 ottobre otto bombardieri giunsero separatamente sull'obiettivo sganciando 160 bombe, per l'epoca un vero record. Nei primi giorni dell'agosto del 1916 si assistette invece ad una vera e propria incursione di carattere strategico: i bombardieri disponibili vennero inviati ad attaccare il silurificio di Fiume e altri obiettivi di interesse militare nelle vicinanze. Ventiquattro Caproni presero parte all'azione in ondate di quattro-cinque (corrispondenti all'organico di una squadriglia) sotto scorta dei velivoli da caccia; per la prima volta l'aviazione austro-ungarica tentò una reazione con sei caccia terrestri e diversi idrovolanti dando luogo alla prima battaglia aerea sul fronte alpino. L'azione congiunta dei cacciatori italiani e opportune manovre evasive consentirono ai piloti di eludere le difese e attaccare efficacemente gli obiettivi. Queste azioni in grande stile, data la modesta consistenza degli organici delle squadriglie da offesa, non potevano che avere carattere di eccezionalità, infatti per il resto del 1916 i Caproni tornarono a battere, da soli o in piccoli gruppi, gli obiettivi militari nelle retrovie austriache. Nella primavera del 1917 il Comando Supremo disponeva di 14 squadriglie Caproni sul fronte alpino e di 1 su quello albanese, articolate in 4 gruppi (la 1^, l' 8^ e la 13^ sul campo della Comina, la 10^ e la 14^ sul campo di Campoformido, la 2^, 3^, 4^, 6^, 7^ e 15^ sul campo di Aviano, la 5^ e la 9^ a Verona e la 11^ a Tahiraqua). Nell'agosto e nel settembre del 1917 l'aviazione in generale e le squadriglie da bombardamento in particolare si videro assegnare due onerosi compiti: il primo prevedeva il supporto diretto alle operazioni offensive condotte dalla II Armata sull'altopiano della Bainsizza, mentre in seconda battuta, in risposta alle continue richieste di D'Annunzio per un'azione dimostrativa, doveva essere messa sotto pressione la piazzaforte di Pola con una serie di bombardamenti strategici. Per poter assolvere ai due compiti si provvide alla suddivisione delle forze disponibili: equipaggi di volontari e relativi velivoli furono prelevati dai reparti di prima linea. Sulla Bainsizza le operazioni si concentrarono nella valle di Chiapovano, principale via di rifornimento a disposizione degli austro-ungarici. I bombardieri vennero inviati a battere le zone di smistamento e le vie di comunicazione ottenendo, anche grazie alla particolare conformazione del territorio, concentrazioni di tiro ottimali sugli obiettivi. Nei quarantasette giorni dell'offensiva sull'altopiano venne eseguito un totale di sette incursioni con l'impiego di una sessantina di velivoli, con lo sgancio sugli obiettivi di undici tonnellate di esplosivi. Durante tutto il periodo nessun velivolo andò perduto in seguito ad azione nemica. Gli equipaggi distaccati per l'operazione su Pola ebbero a disposizione un contingente di oltre trenta velivoli con cui effettuarono tre incursioni notturne sulla piazzaforte il 3, 4 e 9 agosto, riportando l'impressione di notevoli danni inflitti alle infrastrutture avversarie: al termine del ciclo di operazioni gli equipaggi e i relativi velivoli, rientrarono nei ranghi dei rispettivi reparti.
Le continue richieste di intervento al fronte, e il conseguente oneroso impegno imposto alle squadriglie da bombardamento, non distolsero l'attenzione del Comando Supremo dal proseguimento di operazioni di carattere meramente strategico: dietro le continue insistenze del solito D'Annunzio venne studiata e messa in pratica una nuova incursione ai danni della flotta imperiale, in particolare sulle unità dislocate presso la base di Cattaro. Il comando di questa azione, cui D'Annunzio avrebbe partecipato come osservatore, fu affidato all'allora maggiore Armani che ricevette presso Taliedo quattordici Ca.33 450 Hp appena approntati. Ancora una volta gli equipaggi, tutti volontari, vennero direttamente prelevati dai reparti operativi. L'azione, più volte rimandata a causa delle avverse condizioni meteo, potè essere effettuata solo la notte del 1 ottobre 1917, ma fu un vero successo: nessuno dei velivoli partiti andò perduto, nonostante la missione prevedesse il doppio sorvolo dell'Adriatico. Se ambigui furono, a causa del cielo parzialmente coperto e della dispersione degli obiettivi, i risultati materiali conseguiti nell'azione, indubbio invece fu l'effetto deleterio sortito sul morale degli austriaci.
WWW.IL FRONTE DEL CIELO.IT