La Grande Guerra Aerea - 5.6 - 1918 - Vittorio Veneto
Per l'ultima, decisiva, battaglia, che consegnerà alla storia il nome della cittadina di Vittorio Veneto, l'Aeronautica mise in campo circa 600 aerei, 36 sezioni di palloni da osservazione e 7 Dirigibili, compresi quelli della Marina. Rispetto alle forze aeree che avevano preso parte alla grande battaglia di giugno, il numero dei reparti era calato: 48 squadriglie organiche e una sezione al posto di 57 e 3 sezioni. Vi erano poi 3 squadriglie di SVA, integrate da altre 6 sezioni equipaggiate con questi velivoli, al posto dell'unica formazione di Savoia Verduzio Ansaldo, rafforzata da 7 ulteriori sezioni,che avevano volato in giugno. Questo schieramento di velivoli era potenziato da 4 Squadron inglesi e da 2 squadriglie francesi già presenti durante l'ultima offensiva austriaca. La nostra forza aerea aveva infine altre 7 squadriglie dislocate fuori dal territorio nazionale in Albania, Macedonia e Francia. Le piste di volo erano sostanzialmente rimaste le stesse e la diminuzione del numero di reparti gettati nella mischia dovuto alla loro concentrazione che aveva in sostanza aumentato il numero totale dei velivoli ammassandoli in prossimità del Piave in linea con la principale direttrice di sfondamento. In vista della battaglia vennero ricostituite le masse «da caccia» e «da bombardamento». Nel delicato settore del trevigiano la 91^ Squadriglia di Quinto ebbe affiancate la 71^, la 72^ e la 242^ SVA proveniente da La Spezia. La squadriglie di San Luca furono divise in due gruppi: il XV° e il XXXIII°. La forza aerea austriaca restò quasi la medesima che era stata schierata in giugno. Gli imperiali stavano comunque lavorando a nuovi campi che però non saranno completati, come Malga Marcesina sugli Altipiani o Cellarda-Villapaiera vicino a Feltre. Quello che però mancava sul serio erano i rifornimenti. Soldati già demoralizzati dovevano anche fare i conti con le poche risorse disponibili. Mentre il giorno dell'offensiva si avvicinava, le condizioni metereologiche diventavano sempre più cattive. Il Piave era in piena ed i violenti piovaschi non promettevano nulla di buono. Il tempo ebbe un improvviso miglioramento nella notte tra il 26 e il 27. Il mattino del 27 dunque, un'improvvisa schiarita favorì l'iniziò del fuoco di preparazione e dei relativi bombardamenti aerei. L'aviazione austroungarica, reagì all'inizio in modo sporadico e dopo qualche giorno la sua azione praticamente si interruppe. Gli aerei italiani poterono così controllare il fronte in tutta tranquillità con oltre 800 voli giornalieri ed attaccare le truppe avversarie in rotta. Gli austriaci riuscirono solo in parte a contenere lo strapotere dei velivoli alleati, con un'efficace azione contraerea, sviluppata anche adattando a tale impiego le armi da trincea. Il compito assegnato alla 91^ Squadriglia in vista dell'offensiva finale, era quello di svolgere due missioni al giorno con 5 aerei l'una, volando sia al mattino che al pomeriggio. La 91^ Squadriglia avrebbe inoltre dovuto compiere azioni di mitragliamento delle truppe in fuga. Quando l'offensiva di Vittorio Veneto stava ormai giungendo al termine, al reparto che operava dalla base di Quinto, fu aggregata anche una sezione di Ansaldo Balilla, con i piloti Brambilla, Fabi, Moscadelli, Capati, Ciabatti e Gargiulo. che il posto alla 91^ Squadriglia andava conquistato. Il 28 Ottobre, dopo uno scontro sanguinoso con 8 caccia avversari, Carlo Pasquinelli della 78^ Squadriglia di San Luca tornò al campo gravemente ferito e il 9 novembre morì. Nella stessa giornata, sul cielo sopra il campo di S. Fior si scatenò un altro violento combattimento aereo. Giannino Ancillotto e Filippo Serafini,in forza alla 77^ di Marcon, corsero in aiuto di un Camel britannico in difficoltà. Pilotato da G.A. Goodman e appartenente al 66th Squadron il velivolo non riuscì a cavarsela e fu abbattuto. Ancillotto ebbe la meglio su uno degli austriaci ed anche Serafini ne eliminò un secondo. All'improvviso però, altri tre apparecchi con la croce di ferro si presentarono sul campo. Contemporaneamente anche 2 Camel comparvero in scena. Lo scontro si riaccese subito feroce e il pilota inglese A. Paget, compagno di Goodman, sostenne di avere abbattuto un avversario. Fu però a sua volta colpito e costretto ad atterrare a Treviso. Alla fine della tenzone due aerei britannici e due austroungariuci erano stati messi fuori combattimento. Sempre il 28 ottobre, i SAML della 115^ Squadriglia di Fossalunga furono impegnati oltre che nella ricognizione, anche in missioni di rifornimento alle truppe, con il trasporto di 25.600 cartucce alla brigata «Cuneo» e con il lancio di viveri e vestiti a un plotone di arditi accerchiato sulla sinistra Piave di fronte a Nervesa. Dopo aver superato a nuoto il fiume, il manipolo di incursori si era venuto a trovare senza divise e armato dei soli pugnali, in balia dell'avversario. Lo stesso giorno 8 bombardieri Caproni, di cui 4 grandi triplani Ca.4, della 181^ e 182^ Squadriglia, in missione su Motta di Livenza, furono efficacemente colpiti dalla contraerea che li bersagliò durante il rientro. Uno di essi, centrato, atterrò a Quinto. Un secondo invece, anch'esso danneggiato, prese terra vicino a Padova. Gli altri rientrano tutti sani e salvi a Poggio Renatico.
Il 29 ottobre 1918 Guido Keller (91^ Squadriglia) fu abbattuto e atterrò nei pressi del campo austriaco di S. Fior. Venne fatto prigioniero e portato in ospedale. Anche un Ni27 della squadriglia mista di Quinto (sezione della 71^) fu abbattuto a nord di Conegliano e il pilota Francesco Bellina morì. Quel giorno la fortuna voltò le spalle anche al capitano Joseph Hallonquist del 28th Squadron di Limbraga che, al pari dei due colleghi italiani, fu abbattuto anch'esso dal fuoco dalla contraerea e catturato. Gli austriaci non avevano più aerei in cielo, ma possedevano ancora buone mitragliatrici che sapevano usare bene. Anche il tenente colonnello Pier Ruggero Piccio comandante della Massa da Caccia, il 31 ottobre fu centrato al termine di una azione sul campo della Comina a Pordenone. Il motore lo abbandonò e non gli restò che atterrare. Bacula che era in volo con lui, lo vide cercare di fuggire e mitragliò i soldati che lo inseguivano a piedi. La contraerea non risparmiò neanche Mario De Bernardi, anch'egli di base a Quinto, che dovette atterrare vicino a Sacile colpito al serbatoio. Un pilota inglese scese subito con il suo apparecchio vicino a lui. De Bernardi che era solo leggermente ferito gli chiese di fargli avere un pò di benzina. L'aviatore britannico allora decollò e gli fece recapitare il carburante. Breglia (71^) anch'egli colpito, prese in qualche modo terra con il suo Spad in fiamme e cappottò. Nonostante fosse stato ferito rimase al comando del reparto per altri 6 giorni. Luigi Capparucci della 78^ Squadriglia, venne colpito il 30 ottobre e fu costretto all'atterraggio sul campo austriaco di S. Fior. Il collega Oreste Codeghini allora lo soccorse atterrando al suo fianco. I due si difesero dai militari austriaci che già stavano abbandonando la base e che tentarono di sopraffarli. Capparucci lasciò il suo aereo e salì letteralmente in groppa alla fusoliera di quello di Codeghini che subito decollò alla volta di San Luca. Capparucci era aggrappato alle sue spalle, fuori dalla cabina di pilotaggio troppo piccola per ospitarli entrambi e a cavalcioni del velivolo. Anche Ferruccio Ranza, comandante della 91^ Squadriglia fu colpito al serbatoio nelle stesse ore del 30 ottobre e in capo a qualche minuto si ritrovò senza carburante. Dovette quindi scendere anch'esso sul campo di S. Fior dove non trovò più nessuno. Gli austriaci in ritirata lo avevano già abbandonato. Ranza allora, dopo aver rabberciato in qualche modo il velivolo, fece tranquillamente il pieno di carburante e se ne ritornò senza problemi a Quinto. Il primo novembre con un volo trionfale, una pattuglia della 91^ Squadriglia sorvolò Pordenone. A bordo dei velivoli c'erano Ranza, De Bernardi, Novelli, Bacula e Conelli. Fulco Ruffo di Calabria portandosi appresso una bicicletta atterrò poco dopo nella cittadina friulana e si dileguò alla ricerca di Pier Ruggero Piccio. Si saprà poi che il nostro era prigioniero a Udine. Gli squadron inglesi 66th e il 139th tra il 1 e il 2 novembre si spostarono ad Arcade per rientrare in patria poco dopo. Keller tornò a al campo di Quinto il 3 novembre dopo che gli inglesi lo avevano liberato all'ospedale di Sacile.
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