Il Fronte del Cielo - Gli Uomini- Gli Assi del Nord-Est
Il primo degli assi del nordest è Giannino Ancillotto detto «Nane». Era figlio di un facoltoso imprenditore di San Donà (VE), che ebbe il merito di essere il primo ad estrarre il metano in Italia. Allo scoppio del conflitto si arruolò volontario nel Battaglione Aviatori. Ottenne il brevetto nel 1916 assieme a Fornagiari e Chiri. Prestò servizio a Verona presso la 30^ Squadriglia Farman, per passare poi alla 27^ e all' 80^ di Aiello. Dopo la rotta di Caporetto, giungo al campo di Marcon, «Nane» dimostrò una predilezione per i Draken, con un serie di abbattimenti culminati con quello del 5 Dicembre 1917 che lo renderà famoso facendolo finire sulla prima pagina della Domenica del Corriere il 24 Marzo 1918. Fece anche pratica di volo notturno, intercettando i bombardieri tedeschi. Lo sforzo continuo cui si sottoponeva gli causò un forte stress che lo costrinse a riposo per un po' di tempo. Dopo la battaglia del Solstizio rientrò nei ranghi e abbatté due aerei avversari durante una missione notturna. Finito il con flitto con 11 vittorie all'attivo, si trasferì a Roma presso il Nucleo di Comunicazioni Aeree, un reparto per servizi postali veloci. Volò in Italia e all'estero con lo SVA e partecipò all'esperienza di Fiume. Nel 1921 fu con la missione Ansaldo in America Latina e poi in Africa. Tornato in Italia, durante un trasferimento in auto da Torino a Treviso, all'altezza di Caravaggio ebbe un incidente che lo fermò per sempre. Il secondo asso del nordest per numero di vittorie è Antonio Riva. Riva era veneto per metà. Nacque a Shangai dove il padre Achille gestiva una fiorente attività commerciale. Sua madre Teresa Barbaran Capra era una nobildonna Veneta. La gioventù la trascorse però a Firenze. Passò all'aviazione nel settembre del 1916 dopo aver militato nella fanteria e dopo essere stato ferito due volte. La sua prima destinazione fu la 29^ Squadriglia a Cavazzo Carnico equipaggiata con Farman. In seguito fu trasferito a Villaverla, con la 71^ caccia. A metà ottobre del 1917 è al comando della 78^ prima in Friuli e poi a Istrana. In dicembre è fra i protagonisti della famosa battaglia del giorno di Santo Stefano, combattuta sui cieli dell'aeroporto trevigiano. Nel 1918 in marzo viene trasferito alla base di San Luca dove rimane sino all'armistizio. Sembra che sia stato proprio Riva ad inziare l'uso della fiamma colorata (guidoncino) come insegna della squadriglia. La sua era rossa. Riva, che aveva una moglie americana e conosceva, perfettamente l'inglese ebbe sempre buoni rapporti con i piloti degli Squadron britannici. Nelle scuole italiane allora si insegnava il francese e questo ostacolò non poco i rapporti con i piloti inglesi. Nel dopoguerra Antonio Riva partecipò in appoggio al raid Roma-Tokio e nello stesso anno fu posto in congedo. Ritornato nella lontana Cina, continuò i commerci di famiglia, tentando anche la vendita di aerei al governo di quell'instabile paese. All'avvento di Mao-Tse-Tung, temendo il peggio, inviò i figli in Italia, pensando di essere al sicuro. In casa sua venne però trovato un reperto bellico, forse un ricordo di guerra. Tratto in arresto venne assassinato con altri il 17 agosto 1951.
Giuliano Parvis / Giorgio Pessi , di famiglia medioborghese, studiò a Trieste, Vienna e Monaco dove conseguì la laurea. Parlava il tedesco e il francese oltre all'italiano. Allo scoppiò della guerra con la Serbia, durante l'anno della nostra neutralità, Giorgio fuggì e diventando «disertore» per i gli austriaci ed «irredento» per gli italiani. In questa scomoda posizione, si arruolò volontario nel Regio Esercito e dopo un periodo in cavalleria nello stesso reparto di Francesco Baracca, nel 1916 passò all'aviazione. Fu istruttore alla Malpensa fino alla primavera del '17. Desidera va però partecipare attivamente alla guerra ed assunse per questo un nome com'era costume fra tutti gli irredenti per evitare di essere impiccati come traditori in caso di cattura. Da quel momento sarà Giuliano Parvis. Nell'aprile del 1917 fu posto al comando dell' 82^ Squadriglia in formazione ad Arcade. Già in giugno però era alla 78^ di Istrana. Qui lo notò Baracca, che in quel mese era presente per le operazioni sull'Ortigara. A metà luglio Parvis fu trasferito nella Squadriglia degli Assi a Udine, ufficialmente per addestrarsi sul nuovo SPAD. I successi del cacciatore triestino ini ziarono allora, operando spesso in coppia con Baracca. L'ultima vittoria la ebbe con Keller il 23 novembre dopo la ritirata di Caporetto. Nel 1918, in marzo, fu presa la decisione di non rischiare più la vita degli irredenti e Parvis venne obbligato al tra sferimento al Commissariato dell'aeronautica con l'incarico di collaudare i Caproni prodotti dall fabbrica di Malpensa. Il 10 agosto del 1918 fu inviato in America per i voli dimostrativi che il bombardiere doveva compiere in base a un nuovo programma alleato. In base ad esso il Caproni avrebbe dovuto venire prodotto in massa negli Stati Uniti, per essere poi impiegato in una campagna di bombardamenti a tappeto contro le industrie tedesche che producevano esplosivi. Il programma non andò in porto ma Parvis rimase comunque oltre oceano fino a dopo la conclusione del con flitto. Nel 1919, mentre si trovava ancora in America, passò tra l'altro con un trimotore sotto il ponte di Brooklyn. Congedato, dopo una breve esperienza in Anatolia, fu assunto dalla S.N. Aero Espresso Italiana come pilota di linea sugli idrovolanti Dornier Wal. Nel 1933 scomparve durante il volo Brindisi-Costantinopoli dopo lo scalo di Atene.
Bartolomeo Costantini, detto «Meo» o «Bortolo» era un fumatore incallito. Fu tra i primi 3 piloti trevigiani brevettati. Figlio di un ingegnere, educato secondo rigidi principi, sviluppò interessi per la meccanica e ancora studente, nel 1909, si arruolò volontario nel genio ferrovieri come ufficiale. Congedato e richiamato per la guerra di Libia, si fece assegnare al Battaglione Aviatori diventando pilota ad Aviano nel 1912. Nel 1914 tornato civile partecipò a molte corse con L'Aquila Italiana, la casa automobilistica torinese di Luigi e Vincenzo Marsiglia ai quali Costantini era legato da solida amicizia. Ritornato in servizio nello stesso anno, il pilota trevigiano prestò servizio nelle squadriglie Bleriot 3^ , 12^ e 14^ . Nel 1916 passò quindi alla caccia entrando a far parte della 78^ trasferita ad Istrana. Poi fu distaccato in Friuli e a metà del 1917 transitò nella nuova 91^ Squadriglia di Francesco Baracca. «Bortolo» ebbe la sua prima quasi vittoria il 10 settembre avendo la meglio su un Brandenburg , il cui abbattimento non rivendicò. Seguirono poi altri due successi. In dicembre il reparto conobbe un periodo di stasi operativa e Costantini assunse il comando provvisorio in mancanza di Baracca, Ruffo e Piccio che si trovavano a Torino per valutare nuovi velivoli. Dopo il conflitto fu congedato e nel 1919 tornò alle corse con la Bianchi e l'Amilcar. La svolta della sua carriera sportiva si ebbe nel 1923 con il passaggio alla Bugatti, scuderia con cui gareggiò fino al 1926, vincendo anche la «Targa Florio». Rimasto in ditta come tecnico fino al 1937, contribuì decisamente al successo di questo marchio. Nel 1928 rimase vittima inconsapevole di un caso di spionaggio industriale abilmente architettato da parte dei fratelli Maserati, desiderosi di scoprire i segreti del nuovo 8 cilindri prodotto dalla casa francese. La scuderia transalpina infatti stava mietendo successi a raffica ed i fratelli bolognesi pensarono che l'unica soluzione possibile fosse copiarlo. L'occasione si presentò grazie una visita amichevole di Costantini che giunse nel capoluogo felsineo a bordo della mitica Bugatti. Alfieri, il quarto dei 7 fratelli, da buon emiliano, convinse «Meo» a passare una serata al Caffè di Via Indipendenza lasciando il prezioso veicolo in fabbrica. La serata si trasformò in nottata, durante la quale i meccanici della Maserati smontarono completamente il motore rivelando i segreti della potente automobile. Costantini non si accorse dell'inganno. Nonostante il furto tecnologico, la Maserati non fu però in grado di trarre alcun vantaggio dalla vicenda. Costantini ritornò in Italia all' Alfa Romeo nel ruolo di ispettore tecnico-commerciale. Dal 1939 divenne poi responsabile sportivo del reparto corse lavorando con il gotha dell'automobilismo di quell'epoca. Il clima però si stava guastando. Nel 1939 Ferrari lasciava l'Alfa. Con la guerra l'attività sportiva venne penalizzata e il reparto corse si trovò in serie difficoltà. Nel 1941 Bartolomeo Costantini morì in seguito a una malattia.
Cosimo Rizzotto fu arruolato come soldato semplice nel 1913 e assegnato al Battaglione Aviatori. Divenne pilota nel 1915. L'anno successivo in giugno era in servizio presso la 77^ Squadriglia a Istrana. Nel settembre del 1917 aveva messo a segno 3 vittorie. Il 9 ottobre si scontrò probabilmente con Brumowsky e fu costretto ad atterrare. L'ultimo successo Rizzotto lo ottenne il primo giorno della battaglia del solstizio, nel giugno del 1918, decollando da Marcon dove la 77^ si era trasferita. Anche a lui era stato proposto di collaborare con l'industria privata, ma aveva rifiutato. Finito il conflitto con 6 vittorie fu congedato ed emigrò in Sudamerica, per fare l'istruttore in una scuola di volo italo-argentina. Nel nel 1922 partecipò alla guerriglia in Paraguay. Tornato in Italia nel '35 fu richiamato in servizio per partecipare alla campagna d'Etiopia. Dopo l'impresa coloniale, vi costruì una vasta fattoria dove impegnò ogni suo risparmio. Partecipò quindi al secondo conflitto mondiale ma fu preso prigioniero e ritornò in Italia solo nel 1946. Ormai aveva perso tutto e come profugo d'Africa ottenne un impiego presso il comune di Milano dove lavorò fino alla pensione.
Sebastiano Bedendo. Rodigino di nascita fu arruolato come arti gliere allo scoppio della guerra ma diventò quasi subito osservatore presso la 7^ Sezione Aerostatica . Nell'aprile del 1916 transitò nel Battaglione Aviatori. Fu prima a Belluno con la 48^ Squadriglia e in dicembre a Gonars in forza alla 42^ . Nel 1917, in dicembre, lo troviamo a Castenedolo dove presta servizio presso la 72^ , per poi passare agli inizi del '18 a Sovizzo con l' 82^ ed essere infine aggregato alla 71^ . Concluse il conflitto con 5 vittorie. Finita la guerra frequentò un corso al centro sperimentale francese di Villacoublay. Lasciò quindi l'aviazione e nel 1922 si laureò a Padova in ingegneria. Rientrò in servizio l'anno successivo nel Genio Aeronautico e fu destinato all' Ufficio Sorveglianza presso la Fiat. Nel frattempo, mantenendo fede alla promessa che aveva fatto al suo carissimo amico Gastone Novelli, morto nel 1919, ne sposò nel '24 la compagna che era rimasta sola con un figlio. Negli anni compresi tra il 1931 e il 1934 collaudò gli aerei costruiti da Prospero Nuvoli. Il 24 agosto del '35 l'ultimo modello, un quadriposto, fu vittima di un cedimento strutturale. Le ali si staccarono e Sebastiano Bedendo perse la vita.
Guido Masiero. Di famiglia agiata, allo scoppio della guerra era sergente sui Voisin a Santa Maria la Longa. Rimase con la 26^ Squadriglia fino al 1917 per passare poi alla caccia. Anche lui, nella confusione che seguì Caporetto, fu frettolosamente mandato al fronte con gli altri. Arrivò a Istrana nella 78^ Squadriglia già ufficiale e si mise in luce per la sua abilità. In breve tempo raggiunse le 5 vittorie guadagnandosi il rango di «asso» proprio il giorno della grande battaglia aerea di Istrana, il giorno di Santo Stefano del 1917. Alla fine febbraio del '18 passò con Gino Allegri alla III° Sezione SVA dove rimase fino alla fine del conflitto. Nel dopoguerra fu richiamato in sevizio per il progettato raid Roma-Tokio. Siamo nel febbrario del 1920. L'impresa organizzata come una gigantesca esibizione dell'industria nazionale, viene definita dalla stampa dell'epoca uno spreco. Costò quasi 20 milioni di lire di allora. Il tutto per coprire i 17000 chilometri che separano la città eterna dalla capitale nipponica. Al raid partecipano numerosi piloti famosi. Non ci sono però Guido Keller, Giannino Ancillotto e altri, impegnati nell'impresa di Fiume. Per volare fino a Tokio furono allestite 24 tappe e preparati molti campi di fortuna. L'organizzazione e la gestione di tutto ciò che era necessario al buon esito del tentativo richiese l'impiego di 200 militari. Altri 50 uomini si resero poi naturalmente necessari per equipaggiare 4 Caproni e 7 SVA e altri 4 velivoli di scorta. Molti aviatori che avevano combattuto sui campi del Veneto presero parte all'impresa: Mario Gordesco, Ferruccio Ranza, Amedeo Mecozzi, Ferruccio Marzari, Arturo Ferrarin e naturalmente Guido Masiero. Ferrarin e Masiero in realtà furono scelti solo come rimpiazzi per sostituire i piloti che avevano scelto di seguire D'Annunzio a Fiume. Il volo fino a Tokio era stato pensato proprio da D'Annunzio, insieme con il poeta giapponese Haru-Kichi Shimoi, per dimostrare le potenzialità dell'aereo come mezzo di trasporto sulle grandi distanze. Il Vate poi non vi prese parte perché preferì lanciarsi nell'impresa fiumana. Il primo Caproni decollò alla volta di Tokio l'8 gennaio 1920 seguito poi da tutti gli altri. Masiero e Ferrarin partirono il 14 febbraio. Ferrarin raccontò che si trovarono a volare con un aereo in cattive condizioni. Al motore era stata ridotta la compressione spessorando la testata in modo da mantenerlo più a lungo in efficienza. Un propulsore meno potente imponeva però una riduzione del peso ottenuta diminuendo la capacità dei serbatoi e quindi l'autonomia. L'apparecchio non riusciva nemmeno a volare diritto. Nonostante ciò, mentre tutti gli altri SVA partecipanti dovettero gettare la spugna, solo Arturo Ferrarin e Guido Masiero con i motoristi Gino Capannini e Roberto Maretto arrivarono a Tokio il 31 maggio. Ferrarin aveva dovuto sostituire il proprio aereo a Calcutta mentre Masiero, dopo un incidente, percorse in nave un tratto del tragitto. Le due «riserve» chiamate solo all'ultimo momento a partecipare all'impresa, avevano collegato per la prima volta l'oriente e l'occidente. Dei 4 che avevano portato il viaggio a termine, 3 erano veneti: Ferrarrin di Thiene, Masiero di Padova e Maretto di Cadoneghe. Dopo il raid Roma-Tokio Guido Masiero fu volontario nella campagna d'Etiopia e quindi nella guerra di Spagna. Dopo il congedo, alla fine del 1939, passò alla Breda come collaudatore e progettista lavorando allo sviluppo di nuovi velivoli. Il 24 Novembre 1942, nella nebbia, si scontrò con un Macchi 202, ai comandi del quale era un altro famoso pilota, Francesco Agello. Morirono entrambi.
Gerolamo Allegri detto «Gino». Gino Allegri volò con lo SVA e fu soprannominato «Fra Ginepro» da D'Annunzio per la lunga barba rossiccia e l'incipiente calvizie. nato a Venezia, passato in aviazione fu in servizio per la difesa a Cairo Montenotte, per approdare poi alla caccia sul nuovo SVA a Ponte San Pietro. Come molti altri colleghi, dopo i fatti di Caporetto fu spedito in tutta fretta al fronte. Giunse a Istrana presso l' 81^ Squadriglia . Ai primi del 1918 assieme a Guido Masiero passò alla III Sezione SVA di Isola di Carturo. Il 7 giugno 1918, durante una ricognizione a bassa quota sul campo di Feltre, ebbe una piantata al motore e non riuscendo a metterlo in moto, puntò sugli hangar sotto il fuoco austriaco. Pensando di dover morire, decise che era meglio farlo arrecando il massimo danno all'avversario. Il motore però riprese improvvisamente e Gino Allegri se ne ritornò a casa. Il fatto passò poi alla storia come «la beffa di Feltre». Contattato da D'Annunzio, «Fra Ginepro» si trasferì San Pelagio presso l' 87^ Squadriglia , per far parte del gruppo di uomini che voleranno su Vienna il 9 Agosto.
Arturo Ferrarin , era nato a Thiene (VI) e nutrì dall'infanzia una smisurata passione aviatoria. Allo scoppio della guerra venne arruolato nel Corpo Aeronautico . Fu prima mitragliere a Verona e poi come pilota istruttore a Cascina Costa e alla Malpensa. Mantenne questo incarico fino al giorno del disastro di Caporetto. L'attività di volo era incessante ma fare l'istruttore non era la sua massima aspirazione. Nel dicembre del 1917 Ferrarin riuscì finalmente a transitare alla 82^ Squadriglia basata a San Pietro in Gu. Prestò poi servizio a Istrana e quindi a Gazzo Padovano fino alla fine della guerra. Francesco Ferrarin , era cugino di Arturo volò anche lui con lo SVA e fece parte dell' 87^ Squadriglia «Serenissima» a San Pelagio. Partecipò al volo su Vienna dovendo però rientrare per difficoltà al motore. L'inconveniente che lo costrinse ad abbandonare l'impresa lo segnò psicologicamente al punto da causargli per fino problemi di salute.
Virginio Appiani, figlio di Graziano, industriale di Treviso, era un giovane sportivo ed esuberante, appassionato di motoristica e volontario a 19 anni nel Battaglione Aviatori. Ottenne il brevetto alla scuola di Busto Arsizio nel 1915 e per un anno continuò a prestarvi servizio in qualità di istruttore. Poi chiese di essere mandato al fronte. Verso la fine del 1916, arrivò alla 76^ Squadriglia a Santa Maria la Longa, con Bartolomeo Arrigoni, Luigi Olivi e Mario Stoppani. Diventato ufficiale, a capodanno del 1917, ebbe la sua prima vittoria su Monfalcone. Nel febbraio dell'anno successivo Stoppani se ne andò alla Ansaldo, mentre l'asso Olivi, diventava comandante. Il 17 giugno Appiani era in volo proprio con Olivi che nella missione precedente aveva conquistato la sua sesta vittoria. Per la prima volta il pilota trevigiano era ai comandi di uno Spad. Olivi fu abbandonato dal suo motore e non riuscendo a controllare la planata entrò in vite, schiantandosi sotto gli occhi di Appiani e morendo. Virginio passò quindi alla 81^ Squadriglia. Il 31 maggio 1918 lo troviamo a Taliedo come collaudatore.
Giuseppe Gabbin . Nato a Preganziol (TV), quand'era ancora stu- dente di giurisprudenza, prestò servizio come ufficiale dei bersaglieri tra il 1910 e il 1912. Richiamato allo scoppio del conflitto e assegnato al 45° Battaglione rimase nei bersaglieri fino a tutta l'estate del 1916. A fine novembre passò al Corpo Aeronautico come osservatore e, dopo il corso, arrivò alla 25^ Squadriglia di Pozzuolo del Friuli. Nel marzo del 1917 Gabbin sostituì Stanzani al comando del Reparto. La squadriglia fu più volte premiata ed ebbe frequenti visite di D'Annunzio. Il 22 ottobre, l'aviatore trevigiano fu decorato in una grande cerimonia al campo di Aiello dal Duca d'Aosta. Era destinato a prendere il comando della 10^ Squadriglia Caproni , ma la sorte avversa glielo impedì. Nel primo pomeriggio del 25 ottobre, partì con quattro Voisin per una missione su Tolmino. Il suo velivolo fu colpito dalla caccia austriaca e cadde sul Monte Cukle.
Ferruccio Capuzzo anch'egli nativo di Preganziol, come Giuseppe Gabbin. Prestò servizio in artiglieria, ma allo scoppio del conflitto passò come osservatore a Pordenone presso la 10^ Squadriglia Farman. Fu poi sul fronte Isontino tra Santa Maria la Longa e Medeuzza. Nel 1916, in aprile, venne trasferito alla 34^ Squadriglia in Albania dove rimase fino ai primi dell'anno seguente. Dopo essere stato un breve periodo di stanza a Napoli, passò alla 2^ Squadriglia Idrovolanti a Grado, divenendone in ottobre il Comandante. Dopo Caporetto, il reparto, rinominato in 263 a Squadriglia , vu ridispiegato a Venezia e poi a Porto Corsini. Nel luglio del 1918 i velivoli e le strutture della base furono ceduti agli americani. Capuzzo passò prima a Taormina, per tornare poi nel Trevigiano in ottobre al comando della 23^ Squadriglia di Istrana.
Pierluigi Casagrande di Treviso, combatté come bersagliere fino a dicembre del 1916 venendo anche decorato. Poi passò come osservatore in marzo alla 2^ Squadriglia Idrovolanti a Grado. Partecipò anche a missioni con i Caproni di Aviano. Dopo Caporetto seguì la sua squadriglia a Porto Corsini dove riamase fino al luglio del 1918 con l'arrivo degli Americani.
Umberto Gelmetti di Bardolino nel veronese fu anch'egli bersagliere. Diventò poi pilota e prestò servizio nella 103^ Squadriglia Voisin passando quindi alla 25^ con Giuseppe Gabbin. E' ricordato per essere stato il primo pilota utilizzato per infiltrare agenti destinati a raccogliere dati oltre le linee avversarie. Fu infatti lui a trasportare col suo Voisin Camillo De Carlo e Giovanni Bottecchia nella prima impresa del servizio informazioni della 3^ Armata. Gelmetti venne selezionato per la sua grande esperienza con il Voisin , velivolo ai comandi del quale era in grado di reggere il confronto anche con uno Spad. Col grado di capitano passò nel marzo del 1918 al comando della 80^ Squadriglia a Marcon.
Ferruccio Marzari di Brendola (VI), prestò servizio con Gabbin e Gelmetti alla 25^ Squadriglia Voisin sino alla fine del 1917. Nel gennaio dell'anno successivo si trasferì alla costituenda 86^ SVA, basata a Nove di Bassano. La formazione fu invece divisa in sezioni e la III^ venne affidata al suo comando. I velivoli furono inizialmente dislocati a Ponte San Pietro nel bergamasco e poi spostati a Isola di Carturo. Terminato il suo compito alla III^ SVA, Marzari passò a dirigere la I^ a Ganfardine nell'agosto del 1918, mantenendo questo incarico fino alla fine del conflitto.
Egidio Pellizzari era nato a Mossano (VI). Arruolato come soldato semplice, nel 1916 passò alla 9^ Squadriglia Caproni, basata a Verona, con l'incarico di mitragliere. Operò con la sua formazione prevalentemente sulla val d'Adige. Il 4 ago- sto di quell'anno si mise in luce durante una missione di protezione fra Costa dei Laghi e Sogli Bianchi. Era mitragliare a bordo di un Caproni Ca3 pilotato da Clerici e Lista, con osservatore Fugalli. Si spezzò il tubo dell'olio del motore di sinistra. Parti del propulsore si stavano e rischiavano di urtare l'elica. Il pericolo era grave ma Pellizzari, con grande prontezza di spirito, si avventurò sull'ala e riparò in modo provvisorio l'inconveniente permettendo al bombardiere di ritornare alla base. Nel maggio del 1917 lasciò i Caproni per andare a frequentare il corso di pilotaggio. Lo ritroviamo quindi a Bologna, sui velivoli impegnati nella difesa della città. La squadriglia oltre gli S.P.2 , dall'aprile del 1918 fu equipaggiata anche con una sezione di Nieuport 11 . Egidio Pellizzari, ora diventato caporale, entrò a farne parte. In ottobre il suo reparto passò sugli SVA e fu sciolto alla fine della guerra il 19 novembre 1918.
Alessandro Zamengo , aviatore trevigiano, nell'estate del 1916 era in servizio presso l' 8^ Squadriglia Caproni alla Comina, in qualità di mitragliere/motorista. Il reparto a quell'epoca era impegnato in continue missioni sull'Isonzo e su Trieste, che continuarono fino al novembre del 1917. Dopo la ritirata di Caporetto, Zamengo se gui la sua formazione a San Pelagio. Passò in seguito nella neonata 181^ Squadriglia di Ghedi equipaggiata con i giganteschi Caproni Ca4 , dove rimase fino alla fine del conflitto.
Romolo Sartori detto «Romeo»era nato a Canove di Roana nel vi centino. Entrò a far parte del Battaglione Aviatori nel 1916. L'anno dopo lo ritroviamo all' 82^ Squadriglia da caccia dove resterà fino al giugno del '18. Entrerà quindi a far parte dell' 83^ Squadriglia a San Pietro in Gu. In agosto fu coinvolto in un incidente con un Camel britannico che aveva scambiato per velivolo nemico. Gli sparò ma per fortuna l'inglese non fu colpito. Abbattè due aerei avversari di cui uno il 22 ottobre sul Verena. Venne quindi decorato con la medaglia d'argento.
Giovanni Gherardini di Lorenzago nel bellunese, volontario a 18 anni, andò a Roma per il corso di pilotaggio. Allo scoppio del conflitto arrivò ad Aviano. Poi passò a Campoformido dove rimase fino alla rotta di Caporetto. Trasferito alla 72^ Squadriglia Caccia seguì il reparto a Castenedolo, e passò poi alla 71^ per fare infine di nuovo ritorno alla 72^ nel febbraio del 1918. Il reparto in giugno era basato a Busiago, nel comune padovano di Vigodarzere. Gherardini partecipò alla battaglia di Vittorio Veneto nella Massa da Caccia.
Leonida Schiona (1894 –1984) di Orgiano (VI), chiamato alle armi nel 1914 dopo un periodo nell’artiglieria da montagna transitò nel corpo aeronautico. Volò con la 34^ squadriglia in Albania dove fu anche abbattuto e si salvò grazie al suo osservatore. Promosso sergente maggiore nel 1917 passò nella caccia prima nella 84^ Squadriglia per essere poi trasferito dopo Caporetto a Istrana presso la 78^. Passò poi al campo di San Luca dove rimase fino alla fine del conflitto.
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