Il Fronte del Cielo - Attacco alle Città - Attacco alle Città
Già nel primo anno si comprese che ormai un nuovo pericolo arrivava
dall'alto, sia di giorno che di notte. Iniziarono i bombardamenti dapprima
soltanto di strutture militari e poi anche di città, come forma di guerra
psicologica. Così il primo giorno del conflitto un dirigibile italiano
tentò di colpire Pola e poche ore dopo due idrovolanti imperiali
lanciarono qualche bomba su Venezia, Latisana e Jesi. Il 27 poi, altri
velivoli austriaci tornarono su Venezia e due dirigibili italiani colpirono
Sebenico e Lubiana. Il 30 toccò a Pola essere colpita e cosi via giorno dopo
giorno, per le diverse città dei due fronti, comprese alcune del sud
Italia. Da parte austriaca era chiaro che se fossero riusciti a portare con successo una serie di
attacchi contro centri produttivi e vie di comunicazione collocati
all'interno del nostro Paese, avrebbero prodotto a loro vantaggio un
doppio effetto sia materiale e psicologico. Avrebbero cioè sia danneggiato
l'apparato economico-industriale italiano sia - cosa ancora peggiore -
indebolito il morale della popolazione che vedeva nella minaccia aerea,
attuata soprattutto con gli attacchi notturni, una forma di aggressione
che giungeva improvvisa dal cielo seminando la morte e contro la quale
nessuno sembrava essere al sicuro. Un popolo con il morale fiaccato
avrebbe influito in maniera negativa sull'efficienza militare e sulle
scelte politiche. Per questi motivi l'attività di bombardamento sulle
nostre città si fece sempre più intensa. All'inizio le forze della
duplice monarchia usavano non solo idrovolanti leggeri, ma anche navi e
dirigibili. In seguito l'uso di questi ultimi fu abbandonato e vennero
invece potenziate al massimo le missioni con gli aerei, che ormai erano
diventati più grandi e più veloci. Le operazioni di bombardamento
italiane dal canto loro furono poco più della metà di quelle avversarie.
Bisogna però tener conto che gli austrotedeschi normalmente usavano aerei
leggeri e solo pochi grossi Gotha e AEG. Il nerbo portante del nostro
bombardamento era invece costituito dai grandi Caproni Ca.3 e Ca.5 che
portavano un carico di bombe molto superiore ai corrispondenti velivoli
avversari. In tutta la guerra le città italiane subirono circa 500 incursioni con 984 morti e
circa 1100 feriti. Il maggior numero di attacchi si ebbe nel 1916 (196 incursioni di
cui 7 Navali). Nel 1915 le azioni navali furono 18 su un totale di 86. Tra le azioni
che produssero il maggiore impatto sui due fronti si ricordano l'incursione di 11 aerei
su una centrale elettrica di Milano il 14 febbraio del 1916, a cui seguì la reazione
italiana il 18 febbraio con l'invio di 8 Caproni su Lubiana. Questa operazione ebbe
per noi un triste epilogo con la perdita di un aereo, il velivolo del capitano Oreste
Salomone malconcio e altri tre danneggiati. Un'altra azione austriaca avvenne il 4
Agosto 1916, quando fu bombardata Bassano con l'enorme esplosione di un treno
munizioni. Poi vi fu il bombardamento di Padova dell'11 novembre 1916, con 93
vittime a cui seguì una generale disapprovazione delle azioni contro città inermi,
che però non valse a sospenderle. La questione si trascinerà senza risultati fino alla
fi ne del conflitto. Prima il neo Imperatore Carlo I, impose il blocco degli attacchi su
Venezia, salvo causa di forza maggiore, ma il proposito non durò. Papa Benedetto
XV, chiese che fossero rispettati centri urbani inermi, ma tutti sapevano che in guerra
è praticamente impossibile che una città non ospitasse obiettivi di interesse militare.
Infine si arrivò alla sospensione delle incursioni condizionata al rispetto di identiche
risoluzioni da parte avversa, ma nemmeno questo avvenne. Si gettarono bombe su
Trieste accompagnate da bigliettini con scritte del tipo «Per Venezia» le quali - con
intento giustificatorio - volevano lasciare intendere che l'attacco era «solo» una risposta
ad una precedente offesa austriaca. Si arriva così alla grande azione sulla
città di San Marco del 26 febbraio 1918, con due navi colpite e molti monumenti
danneggiati, ma per fortuna un solo morto. Durante la notte dell'11 marzo 1918 lo
Zeppelin L59 attaccò Napoli da una quota compresa tra i 3600 ed i 4800 m. La città
non se lo aspettava, ed era illuminata. Il dirigibile tedesco partito da Janbol in Bulgaria
sganciò 6400 kg. di bombe colpendo gli insediamenti industriali e facendo 7
morti. Infine è da ricordare il più grande attacco compiuto dagli italiani
contro Pola il 17 luglio 1918 con ben 88 aerei che centrarono 4 navi, 3
aeroporti e l'arsenale. Il
Veneto sopportò il peso maggiore degli attacchi austrotedeschi. Durante il 1915 subì
31 incursioni sulle 86 totali lanciate dall'aviazione avversaria. Nel 1916 i raid che lo
colpirono furono 91 sui 196 dai quali venne devastato il Paese. Nel 1917 poi, si registrarono
49 attacchi sui 130 complessivi scatenati dagli imperi centrali alle nostre
latitudini. Nel 1918 infine, le operazioni contro i centri urbani della regione furono
ben 70 sulle 85 totali condotte sui cieli d'Italia. La città più colpita in tutto il conflitto
fu Venezia che dovette sopportare 60 incursioni estese fino all'area di Mestre più 3
su Campalto. Un triste crescendo che portò gli attacchi da 11 a 24 all'anno tra il 1915
e il 1918. Fu però Treviso la città sulla quale vennero scaricate il maggior numero di
bombe. Nel 1915 tocco a Schio dopo Venezia la malasorte di essere la seconda città
più colpita, mentre nel 1916 - sempre dopo Venezia - la graduatoria del più alto di
attacchi subiti allineava Verona, Padova e Vicenza che ricevettero 8 «visite» ognuna.
Treviso fu invece destinataria di 4 incursioni. Nel 1917 si registrò un generale calo di
interesse sugli obiettivi urbani del Veneto. Venezia, data la sua importanza simbolica,
rimase comunque la destinataria delle maggiori «attenzioni» delle forze aeree
imperiali, seguita da Padova e dalla zona di Jesolo e Treporti. Nel 1918 però
le operazioni di bombardamento tornarono di nuovo ad avere come principale
bersaglio soprattutto il Veneto. Treviso divenne la seconda città più attaccata,
naturalmente dopo Venezia, con 19 incursioni di cui l'ultima del confl itto nella
notte del 22 ottobre in cui fu attaccato anche il capoluogo lagunare. Al terzo
posto di questa triste classifi ca si collocò Bassano raggiunta da 5 attacchi. Va
ricordato comunque che quasi tutte le cittadine venete vennero fatte segno dai
proiettili austrotedeschi.
Gli obiettivi principali delle operazioni aeree italiane durante il confl itto erano soprattutto Pola che fu colpita una trentina di volte e Trieste che - anche se è dichiarata «città aperta» e cioè priva di installazioni militari, - venne attaccata ben 46 volte. La maggior parte delle altre incursioni erano indirizzati contro l'Istria e, in misura minore, contro altre località per un totale di oltre 250 raid. Da ricordare anche il consistente numero di bombardamenti effettuati su Cattaro e Durazzo. Per contrastare gli attacchi furono all'inizio usate anche batterie di fucilieri, ma fin dal 1911 si sperimentarono le mitragliatrici ed i cannoni antiaerei. A Nettuno quell'anno furono valutati anche prodotti stranieri: Armstrong, Vickers, Schneider ed anche le tedesche Krupp, Ehrhardt e Rhinmetall. Le prove continuarono nel 1914 modificando alcuni cannoni da 75 e acquistando le prime batterie. Nel gennaio del 1915 fu costituito il primo reparto contraereo, armato con cannoni da 75 ed autocannoni Ehrhardt. Fu diviso in sezioni dislocate a Campalto, Udine e Boscomantico. In seguito le esigenze aumentarono sempre più e la produzione di pezzi e mitragliatrici contraeree sia fi sse che autocarrate, non fu mai suffi ciente e si dovette ricorrere anche a cannoni tipo CK, mod 1906 e mod. 1911, semplicemente montandoli su speciali supporti che aumentavano l'alzo. Allo stesso modo mitragliatrici normali furono adattate per l'uso antiaereo. Visto che spesso le incursioni avvenivano di notte le batterie antiaeree furono dotate anche di fotoelettriche che potevano rendere visibili gli attaccanti al tiro. I risultati dei reparti antiaerei, che erano dipendenti del Comando Aeronautico, furono eccellenti se si considera, che riuscirono ad abbattere 128 aerei (il 22% del totale), impiegando 1124 cannoni, 1000 mitragliatrici, 210 fotoelettriche e 130 palloni per ostruzioni. Il 4 novembre erano schierate 196 batterie in tutti i punti più soggetti ai raid avversari. Le sezioni di «ostruzione aerea» erano costituite da zatteroni provvisti di verricello, cavo e pallone ad idrogeno, che in soli 10 minuti poteva essere alzato a una quota suffi ciente per impedire l'attacco a bassa quota alle città. Il pallone di norma veniva fatto sollevare nelle notti di luna in cui la maggiore visibilità avrebbe facilitato l'azione dei piloti incursori.
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