Il Fronte del Cielo - La Caccia - 6.1 - Gli esordi
All'inizio del secolo scorso l'Italia era un
Paese poco industrializzato e tale situazione si rifletteva
sull'equipaggiamento delle sue forze armate. Al momento dello scoppio del
conflitto in Europa i servizi aerei del Regio Esercito e della Regia Marina
disponevano di pochi aerei e pochi piloti. Prevedendo la sua entrata in
guerra a fianco dell'Intesa l'Italia chiese al Regno Unito e alla Francia di
venire incontro alle sue immediate necessita, con l'invio di aerei per
difendere i suoi cieli dagli attacchi nemici. Il governo francese concesse
all'Italia di produrre su licenza il biposto
Nieuport 10 e di addestrare su
questi biplani i suoi piloti nelle scuole d'oltralpe. Parigi, quando
l'Italia dichiarò guerra all'Austria Ungheria, invia anche aerei e
idrovolanti da caccia per difendere Venezia. Gli aviatori austroungarici,
molto attivi fin dai primi giorni di guerra con ripetuti attacchi, furono
invano contrastati dalla prima unità da caccia italiana, l'8^
Squadriglia Nieuport, i cui sforzi erano frustrati dalle carenti
prestazioni dei suoi aerei. In un disperato tentativo di migliorare la
velocità e il rateo di salita dei
Nieuport 10, si provò ad alleggerirli
lasciando a terra il mitragliere, ma ancora senza risultati. Nelle rare
occasioni in cui piloti italiani riuscivano ad arrivare a contatto balistico
con gli avversari spesso la loro mitragliatrice si inceppava. A nulla servì cambiare il nome del reparto
in
1^ Squadriglia caccia e
Francesco Baracca, che sarebbe diventato l’”asso
degli assi italiano", con amara ironia riassunse la situazione scrivendo
nel suo diario a proposito di un incidente: "II mio motorista Scanavino si e
ferito al piede maneggiando la Mauser …è l’unica vittima forse che ha fatto la
squadriglia da caccia in cinque mesi di guerra”. La 1^ Squadriglia caccia presto condivise le sue frustrazioni con
la 2^, anch'essa equipaggiata con
Nieuport 10,
che giunse al
fronte nel gennaio 1916, mentre la 3^ e la 4^, adibite alla difesa di
Brescia e Verona con
Aviatik di costruzione italiana, non incontrarono mai
il nemico. La situazione migliorò pochi
mesi dopo quando arrivarono i primi nuovi
Nieuport 11, dotati di migliori
caratteristiche di salita e armati con l’eccellente mitragliatrice Lewis
di produzione britannica. Il "Bebè", come era stato soprannominato per le
sue piccole dimensioni, fu la prima macchina messa in campo dagli italiani
the fosse all'altezza del nome di caccia e
Francesco Baracca ne sfruttò appieno le
qualità ottenendo la prima vittoria aerea dell'aviazione italiana il 7
aprile 1916. Questa fu seguita circa 15 minuti più tardi dalla seconda, ottenuta da
Luigi Olivari
con altri
colleghi. Presto le Luftfahrtruppen
non poterono più contare sull'impunità
delle loro azioni, mentre nuove unità da caccia italiane arrivavano al
fronte e il numero dei combattimenti aumentava. II 15 aprile
il sistema di denominazione delle squadriglie venne standardizzato con
l'adozione di un numero progressivo a prescindere dalla specialità. In
dicembre una Sezione Nieuport venne inviata a operare in Albania. E dà
notare come in tale prima fase solo l'aviazione dell'esercito avesse unità e
velivoli specificatamente dedicati alla caccia, mentre la marina stava
superando la sua debolezza con l'introduzione di idrovolanti multiruolo FBA
e
Macchi. Alla fine del 1916 al fronte erano presenti le seguenti
squadriglie da caccia:
70^ | ex 1^ Sq. Caccia | a Campoformido |
71^ | ex 2^ Sq. Caccia | a Villaverla |
72^ | ex 3^ Sq. Caccia | a Brescia |
73^ | ex 4^ Sq. Caccia | a Sant'Anna di Alfaedo |
74^ | a Milano | |
75^ | a Verona | |
76^ | a Santa Maria La Longa | |
77^ | a Istrana |
Nel 1917 la caccia italiana continua a crescere in numero e forza. Nuovi aerei arrivarono dalla Francia, in particolare i potenti SPAD VII e gli agili Hanriot Hd.1 (costruiti in gran numero dalla Macchi in Italia), che contribuirono in maniera significativa a far pendere la bilancia a favore degli italiani. Lo stesso anno vide anche la creazione di una Scuola di tiro aereo e la formazione di Sezioni da difesa presso possibili obiettivi sul suolo italiano. Nell'estate la Regia Marina cominciò a ricevere i primi esemplari del suo primo vero caccia, il Macchi M.5. All’inizio la macchina venne distribuita alla spicciolata a diverse unità, ma da novembre entrò a prestare servizio con le due squadriglie da caccia appena formate a Venezia. I cacciatori italiani agirono in supporto a tutte le battaglie combattute nell'anno, con la difesa dello spazio aereo sopra il loro territorio e con la scorta dei velivoli da bombardamento e da ricognizione oltre la linea del fronte, acquisendo per la prima volta saldamente la superiorità. A rovesciare la situazione abili ed esperti reparti aerei tedeschi vennero mandati sul fronte italiano in ottobre nel corso dell'offensiva che prese il nome di dodicesima battaglia dell'Isonzo, lanciata nel settore di Caporetto. Grazie a superiori tattiche di combattimento ed eccellenti macchine, i tedeschi conseguirono notevoli successi contro i mal coordinati attacchi portati dall'aviazione italiana alle truppe avversarie che avanzavano. Le unità da caccia italiane fecero il possibile, ma furono costrette assieme all'esercito ad abbandonare i loro campi e ritirarsi verso Ovest oltre il fiume Piave. Tale fu il disastro che alla data dell'11 novembre rimanevano in tutto solo 220 aerei di ogni tipo rispetto ai 411 presenti al fronte il 24 ottobre. Battuti ma non sconfitti i cacciatori italiani si vendicarono il 26 dicembre 1917, (quando aerei tedeschi attaccarono il campo di Istrana per rappresaglia alla famosa incursione compiuta su di un loro campo dall'asso del Royal Flying Corps, "Billy Barker" il giorno di Natale. Durante la cosiddetta "battaglia aerea di Istrana", gli italiani assieme ai britannici abbatterono almeno 11 velivoli avversari senza subire perdite. L’ordine di battaglia italiano al 20 novembre 1917 elencava le seguenti squadriglie da caccia:
70^ | a Istrana | |
71^ | a Villaverla | |
72^ | a Castenedolo | |
73^ | a Salonicco (Macedonia) | |
75^ | a Verona | |
76^ | a Istrana | |
77^ | a Marcon | |
78^ | a Istrana | |
79^ | a Nove e Padova | |
80^ | a Marcon | |
81^ | a Istrana | |
82^ | a Istrana | |
83^ (2^ Sezione) | a Marcon | |
84^ | a Marcon | |
91^ | a Padova | |
260^ | Venezia - Regia Marina | |
261^ | Venezia - Regia Marina (in formazione) |
Approfittando della costa imposta dalla stagione invernale, le squadriglie italiane usarono i primi mesi del 1918 per riprendere forza e addestrarsi nelle nuove tattiche mostrate dai tedeschi nell’ottobre precedente, mentre la Regia Marina aumentava il numero delle sue unità da caccia. Sotto il controllo dell'Ispettorato delle squadriglie da caccia appena formato al comando del tenente colonnello Pier Ruggero Piccio, un asso con eccezionali capacità di comandante, i pilori dell'esercito impararono a volare in formazione con una precisa disciplina di pattuglia e compiti ben definiti. Piccio, inoltre, codificò le prime regole italiane per l'impiego dei caccia in combattimento, emesse poi in giugno con il titolo di "Istruzioni provvisorie di impiego delle Squadriglie da Caccia". Il documento mostrava una chiara comprensione del combattimento aereo e per alcuni aspetti è valido ancora oggi. L'intenso addestramento ebbe modo di mostrare i suoi frutti nel giugno del 1918, quando gli austroungarici fecero il loro ultimo, disperato, tentativo di vincere la guerra. L’azione dei caccia italiani, riuniti in massa per operate in maniera congiunta ove richiesto, fu un fattore chiave della vittoria. Dal primissimo giorno dell'attacco, il 15, i caccia italiani spazzarono il cielo dall'aviazione avversaria, infliggendo tali perdite alle Luftfahrtruppen che questo periodo venne chiamato "Schwarzenwochen", Le Settimane Nere. Una volta acquisita la superiorità aerea, mentre drachen, bombardieri e aerei da ricognizione erano liberi di svolgere il loro compito, i caccia italiani scesero a mitragliare le truppe avversarie, lanciando anche piccole granate in un ruolo che anticipava le missioni di attacco al suolo che sarebbero state effettuate nel corso della Seconda guerra mondiale. Lo stesso accadde in ottobre quando l’Italia diede il colpo di grazia all'agonizzante impero asburgico. Nata sull'urgenza del momento all'inizio del conflitto, l'aviazione da caccia italiana era diventata un'arma potente e flessibile, ben equipaggiata e addestrata. All’entrata in vigore dell'armistizio sui campi di volo erano schierati:
70^ | a Gazzo | |
71^ | a Quinto di Treviso | |
72^ | a Quinto di Treviso | |
73^ | a Salonicco (Macedonia) | |
74^ | a Ponte San Marco | |
75^ | a Ganfardine | |
76^ | a CAsoni | |
77^ | a Marcon | |
78^ | a San Luca | |
79^ | a San Luca | |
80^ | a Marcon | |
81^ | a Casoni | |
82^ | a Gazzo | |
83^ | a Poianella | |
85^ | a Valona (Albania) | |
91^ | a Quinto di Treviso | |
260^ | a Venezia - Regia Marina | |
261^ | a Venezia - Regia Marina | |
262^ | a Brindisi - Regia Marina (in formazione) |
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