La Grande Guerra Aerea - 4.6 - 1917 - La Battaglia di Istrana
Nel giorno di Santo Stefano del 1917, sui cieli di Istrana, in seguito ad un attacco portato dai velivoli dell'aviazione austrotedesca, ebbe luogo uno scontro che vide impegnati circa sessanta tra caccia e bombardieri e che viene considerato la più grande battaglia aerea dell'intero conflitto sul nostro fronte. L'azione rappresentò la risposta tedesca ad un incursione operata il giorno precedente da aerei dell'Intesa. Che cosa era accaduto? Il 25 dicembre 1917, tre velivoli Camels del Royal Flying Corps britannico lasciarono l'aeroporto di Grossa nei dintorni di Gazzo Padovano. La missione non era stata autorizzata dal comandante del campo ma veniva effettuata per iniziativa personale di due piloti, William «Billy» Barker e Harold «Steve» Hudson e da un terzo pilota del 28th Squadron. I tre erano intenzionati ad attaccare a sorpresa il campo tedesco di Motta di Livenza. La festività del Natale era infatti considerata tacitamente come un giorno di tregua e gli aviatori tedeschi non si aspettavano sorprese. I tre piloti del corpo di spedizione britannico, una volta raggiunta l'aviosuperficie di Motta di Livenza, volevano lasciar cadere sul campo un pezzo di cartone sul quale avevano scritto: «Al corpo aereo austriaco dal Royal Flying Corps inglese, coll'augurio di un natale allegro». Una volta giunti sull'aeroporto tedesco i tre velivoli, in formazione ad ala, iniziarono a mitragliare con pallottole incendiarie Buckingam gli hangar e i baraccamenti al cui interno si stava svolgendo la festa di Natale. Scoppiarono alcuni incendi mentre i tre velivoli eseguivano nuovi passaggi per mitragliare le trincee dentro le quali i tedeschi cercavano nel frattempo rifugio. Al termine dell'attacco tra il personale del campo si lamentarono dodici caduti e diversi feriti. Quattro aerei furono danneggiati e uno distrutto. I tre Camels presero dunque la via del ritorno ma invece di fare rotta direttamente su Grossa atterrarono a Istrana. Là Barker e compagni ottennero di far riparare i fori prodotti sulle carlinghe dei loro velivoli dal fuoco contraereo tedesco. Facendo rappezzare gli aerei presso la base alla porte di Treviso, i tre aviatori del Royal Flying Corps volevano evitare di dover rendere conto della loro bravata ai propri superiori. Ad Istrana i tre si vantarono con il personale del campo di quanto avevano fatto sopra Motta di Livenza riservando ai tedeschi commenti sprezzanti. E' naturalmente facile immaginare quanto poco questi ultimi avessero gradito il regalo dei britannici, da loro considerato alla stregua di un attacco perpetrato a tradimento, violando la sacralità della festa del Natale. L'atto imponeva una ritorsione immediata che fu decisa per l'indomani. Il motivo per il quale l'aeroporto di Istrana divenne l'obiettivo della reazione germanica non è chiaro. Non si sa cioè se da Motta di Livenza qualcuno si sia alzato al termine dell'attacco britannico per seguire i tre Camels nel tentativo di scoprire la loro base di partenza, che venne così erroneamente identificata nell'aeroporto trevigiano, oppure se quest'ultimo fu colpito in ragione della sua ben nota posizione e importanza. In quel periodo vi si trovavano di stanza cinque squadriglie da caccia italiane (70^, 76^, 81^ e 82^), due da ricognizione (22^ e 36^). Erano presenti anche gli inglesi con il 34th Squadron da ricognizione con i velivoli Re.8. La mattina del 26 dicembre i velivoli con la croce di ferro giungono su Istrana alle ore 9 e 15. In quel momento vi sono in volo quattro caccia britannici tra cui quelli di Jarvis Mulholland e Frayne che però si trovano lontano dal campo in normale missione di pattugliamento, nel quadro dei voli quotidiani previsti lungo le tre «rotte» loro assegnate. Il cielo è nuvoloso quando una formazione di 25 bombardieri Dfw C-V e Aeg G-IV accompagnata da 15 caccia giunge, del tutto inaspettata sul cielo della base italiana. Il personale di guardia dà subito l'allarme ma non viene creduto. Piloti e tecnici che passeggiano oziosamente per il campo non ritengono plausibile una sortita nemica nel giorno di Santo Stefano. Soprattutto non ritengono possibile un attacco delle dimensioni di quello riferito dalle sentinelle. La prima reazione è dunque di ilarità, poiché tutti pensano a uno scherzo delle vedette che vengono letteralmente mandate a quel paese. Non devono però trascorrere che pochi istanti prima che tutti si rendano conto di ciò che sta per accadere. La formazione tedesca diviene ben visibile in cielo mentre a terra scoppia il finimondo con i piloti che saltano sui propri aerei per decollare, i motori che tossiscono e non partono mentre gli specialisti si affannano attorno agli aeromobili e i velivoli si intralciano nel tentativo di decollare. Nonostante la sorpresa sia grande 16 caccia italiani fra Nieuport 17 e Hanriot Hd.1 riescono a decollare sotto le bombe che cominciano a piovere sul campo. Nel frattempo fanno la propria comparsa anche i quattro aerei inglesi che già si trovavano in aria. I velivoli dell'Intesa ingaggiano duramente i bombardieri germanici. A questo punto però accade qualcosa di apparentemente inspiegabile. Gli aerei tedeschi sono privi della protezione dei propri caccia che, pur essendosi presentati sul cielo di Istrana, stanno incrociando a una quota diversa e non intervengono nell'azione, lasciando i bombardieri in balia della caccia italiana e inglese.
Nelle sue memorie Silvio Scaroni manifesterà perplessità per l'atteggiamento scarsamente combattivo dimostrato dai piloti di scorta germanici. Secondo fonti mai confermate, alcuni di essi, proprio a causa della loro anomala condotta in battaglia, sarebbero addirittura stati passati per le armi una volta rientrati da questa sfortunata missione. Al momento dell'attacco, l'82^ Squadriglia italiana ha in linea di volo otto apparecchi ed è ai suoi piloti che spetta il compito di decollare su allarme. Di servizio sono i tenenti Flaminio Avet, Paolo Benvenuti e Andrea Teobaldi. Flaminio Avet, dopo avere mandato in volo i due commilitoni corre nell'ufficio del comandante Fochessati per ricevere istruzioni. L'unico ordine possibile che l'ufficiale può però dare in un simile frangente è solo quello che dispone il decollo generale di tutti i velivoli. I piloti Alberto Comandone, Clemente Panero e Mario D'Urso riescono a levarsi in volo; Avet invece, durante il rullaggio, viene colpito da una raffica di mitragliatrice che inchioda il suo aereo a terra. Stessa sorte tocca anche ad un altro pilota dell' 82^, Contardini, a cui altri colpi di mitragliatrice spezzano il longherone di un'ala. Avet, che non si da per vinto, assistito dal motorista Solenghi, riesce comunque a salire sull'ultimo Hanriot rimasto e a guadagnare il cielo. Della 70^ comandata dal tenente Rino Corso Fougier, decolla il solo sergente Attilio Ferrandi ma quel giorno la fortuna non è dalla sua. Al primo sparo la mitragliatrice di bordo si inceppa mettendolo fuori gioco. Il sottotenente Giorgio Michetti, e i tenenti Silvio Scaroni e Mario Fucini, appartengono invece alla 76^. I tre, sopra Musano e Camalò, riescono ad abbattere due bombardieri tedeschi Dfw C-V. Uno apparteneva probabilmente al FA2 ed aveva ai comandi il pilota Edebohls. Ne danneggiano poi un terzo che è costretto ad atterrare a San Gaetano. Una volta giunto a terra, l'equipaggio distrugge il velivolo. All'abbattimento del Dfw caduto a Camalò, partecipa anche il sottotenente Arthur Jarvis del 28th Squadron del Royal Flying Corps di Grossa. I maggiori successi nel corso di questa storica azione sono però ottenuti dai piloti della 78^ Squadriglia. I tenenti Giacomo Brenta e Amedeo Mecozzi abbattono un Dfw sul cielo di Volpago del Montello; il tenente Guido Masiero e il maresciallo Guglielmo Fornagiari, ne colpiscono mortalmente un secondo sopra Falzè, mentre il sergente Antonio Chiri ha ragione di un terzo, che precipita a Biadene. Altri due bombardieri germanici tipo Dfw cadono infine per mano del tenente Antonio Riva a Signoressa e a Camalò. Per i tedeschi le perdite sono pesantissime. Al termine dello scontro si conteranno ben otto bombardieri con la croce di ferro sicuramente abbattuti. In campo italiano l'unica vittima appare al momento il tenente Pallasch che insegue i velivoli germanici oltre la linea del fronte e viene colpito finendo prigioniero. Anche l' 81^ Squadriglia ha preso parte al combattimento senza però riportare successi. Al termine dello sconto i bombardieri tedeschi si disperdono ad una quota di trecento metri nel tentativo di guadagnare le proprie linee, inseguiti dai caccia italiani e inglesi. Così Mario Fucini racconta quei momenti: «Un'ala sfiora la mia. L'urto non avviene per miracolo, ma una ventata scuote il mio apparecchio e mi costringe a riprendere con paziente spasimo la mira rimanendo sotto il tiro avversario. Qualcuno mi aiuta: un camerata volteggiando piomba anche lui addosso al velivolo nemico, che oscilla e sbanda cercando salvezza in manovre disordinate. Non passerai il Piave! Ecco, finalmente! Inclina un'ala verso terra, discende sbandato, piomba in un campo, una vampata lo avvolge all'istante. E uno! Dov'è un altro? Un altro! Ma com'è difficile scegliere, oggi! Mentre volteggio per cercare un nuovo bersaglio, raffiche rabbiose mi investono. È un osservatore crociato che mi tempesta dal fianco. Per poco: un nostro caccia lo affronta. Li lascio alle prese per piombare contro un altro che mi passa davanti, già a tiro. Ma che cos'è ora? Davanti a me passano scendendo a picco lunghe ombre grigie, una dopo l'altra. Ah! Sono bombe. Mi colpiranno? Non ho tempo di pensarci. Guardo in alto il velivolo che le lancia, in basso lo scoppio: a vuoto; scavano buche in un prato. Riprendo l'attacco, miro a lungo, sparo. Ma mentre faccio uno scarto brusco per evitare il fuoco del mitragliere che mi avventa una lunga raffica, vedo un bagliore davanti a me, fra le ali; sento in carlinga uno schianto. Sono stato colpito? Incendiato? Un attimo; capisco. Il bagliore è un riflesso del sole sull'elica, lo schianto è un sobbalzo delle cartucce squassate dal mio scarto violento che per poco non mi ha proiettato fuori. La cintura di bordo mi ha trattenuto a mala pena. L'allarme ridicolo raddoppia la mia furia. Torno addosso al fuggente. Alle mie nuove raffiche il mitragliere nemico apre le braccia e si accascia, sbattuto dal vento, attraverso la fusoliera. Sento già l'ebbrezza della nuova vittoria... Ecco, sì, anche questo precipita! Ma lo perdo di vista, sotto le mie ali. Virando per cercarlo, mi trovo di fronte un'altro dei nostri; evito ancora un cozzo mortale con una manovra spasmodica. Il biposto crociato è sceso malamente in un prato: cappottato. Cerco i nemici e i camerati. Vedo un roteare di ali lontane; giù sul campo nulla. Ormai non ho più cartucce; non mi resta che atterrare». E' quasi mezzogiorno quando una seconda ondata di velivoli germanici punta sul campo di Istrana. Questa volta però, gli attaccanti non possono più contare sul vantaggio della sorpresa. Scoperti con ampio anticipo, circa dieci velivoli tedeschi, vengono intercettati dai britannici - guidati da James Michell- già sopra il Montello. Un aereo del BoGw 4 e uno del BoStaffeln 19 cadono a Pederiva, il primo pilotato dal Lt. Ernst e il secondo dal Lt. Niesz. Rinunciano quindi a proseguire verso il loro obiettivo e si liberano del carico di bombe che trasportano sopra Montebelluna. Silvio Scaroni (76^ Squadriglia) e Brenta (78^ Squadriglia) si levano di nuovo in volo riuscendo ad abbattere un altro bombardiere avversario. Alla fine della giornata gli aviatori tedeschi avranno pagato un pesante tributo al proprio desiderio di vendetta, dovendo accusare la perdita di ben undici velivoli. Nel frattempo infatti, altri due aerei vanno ad aggiungersi all'elenco di quelli abbattuti: una caccia Albatros D-III precipita alle porte di Treviso mentre un altro Dfw cade a Susegana. Anche le perdite italiane non sono comunque trascurabili. Quattro specialisti della 70^ Squadriglia rimangono uccisi durante l'attacco della prima ondata. Un hangar tipo Bessoneau e cinque velivoli tipo Hanriot vengono distrutti da una bomba incendiaria. Il tenente Pallasch della 78^ Squadriglia, che aveva inseguito i bombardieri attaccanti oltre le nostre linee è fatto prigioniero e il suo aereo è perduto. Due Hanriot dell'82^ Squadriglia sono distrutti al suolo e altri due vengono danneggiati. Rimane danneggiato anche l'hangar tipo Centocelle singolo che serviva da alloggiamento per la truppa.
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